Le ipocrisie della politica

In meno che non si dica si passa da un opposto all'altro. Il problema è che si radicalizza lo scontro e le valutazioni sono sempre più ideologiche e meno concrete

La politica è questa. Smettiamola di pensare che qualcuno sia più o meno vergine di altri. Tutti hanno pregi e difetti. In ogni schieramento ci sono quelli più o meno bravi, gli onesti e i furbetti. È sempre stato così e sempre lo sarà.

L’ultimo caso è quello del figlio di Marcello Foa, persona indicata dalla Lega alla  presidenza della Rai, che fa parte dello staff di Salvini. Cosa c’è di male? Assolutamente niente. Le persone vanno giudicate per le competenze e i risultati. E, se il giovane Leonardo risponde a questi requisiti bene ha fatto Salvini a inserirlo nel suo staff.

Quello che stride è il nuovo filtro applicato da Lega e M5S. Solo alcuni mesi fa, seduti sui banchi delle opposizioni, Leonardo Foa sarebbe stato uno scalpo da esporre. Il caso avrebbe sollevato campagne social virulente, cori al grido “o-ne-stà”, quando non cappi o soldi sventolati. Oggi però il Governo del cambiamento ci passa sopra come un caterpillar.

 

Ma gli esempi possono essere tanti. Prendiamo il carattere. Paolo Lucchi, sindaco di Cesena, è criticato per il suo carattere. In effetti non sempre è facilissimo averci a che a fare. È permaloso, a volte aggressivo e  troppo adrenalinico. Ma quello che lo ha portato a finire nel mirino degli avversari è la determinazione. Ma siamo poi così sicuri che Salvini caratterialmente sia migliore di Lucchi? Io direi di no. Ed allora quella che per uno è un difetto per l’altro non può essere un pregio.

Il Sindaco di Cesena, Paolo Lucchi

Ma questo richiamo a un certo tipo di valutazioni e comportamenti non valgono solo per Lega e 5Stelle, ma per tutto l’arco costituzionale. Certe cose sono sempre successe (e sempre succederanno), ma ora con i social sono più enfatizzate. E qui vince chi urla più forte o chi li sa usare meglio.

 

Un politico invece dovrebbe essere giudicato per i risultati che raggiunge. Del resto, è quello che succede a ogni manager. Il problema però è un altro: nel privato non ci sono scorciatoie, valgono i dati. I numeri sono inflessibili. In politica spesso (anzi, quasi sempre) non è così. Le valutazioni non sono laiche. Però nello stesso tempo il bicchiere non può essere mezzo pieno e mezzo vuoto.

È vero che ci sono culture diverse e, perciò, sensibilità e approcci differenti. Ma i numeri non hanno colore e, quindi, ideologia.

 

Buone ferie. Torno a fine agosto (forse).

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.