Ristorazione: ecco le tendenze

Secondo il rapporto RistoratoreTop 2019 saranno i locali "cool" e accessibili a conquistare spazio e ricavi

Nell’ultimo periodo si è parlato molto di ristorazione e ristoranti stellati. Ma come è la situazione? Per cercare di capirci qualcosa ho cercato alcuni dati. Premetto che non sono mai stato un fan dell’altissima gastronomia. In particolare dei menù degustazione. Quelli che prevedono un numero alto di portate, ma con quantità basse in ogni piatto. Ritengo non abbiano molto senso. Questo perché dopo tre, massimo quattro piatti e un paio di assaggi di vino le papille gustative praticamente si anestetizzano e dagli ulteriori assaggi è impossibile apprezzare e sollecitazioni aromatiche. Però andiamo oltre.


Gianfranco Vissani collabora con un locale non stellato, ma molto cool, di Santarcangelo

Va premesso che il 2018 è stata l’anno top della ristorazione in Italia, con 85 miliardi di incassi. E a spingere il giro d’affari, secondo il rapporto RistoratoreTop 2019 presentato a Rimini, è il boom della cucina etnica, con il contributo decisivo del food delivery.

Le consegne a domicilio sono arrivate lo scorso anno a un giro d’affari di 1,1 miliardi di euro. Di queste, 350 milioni derivano dall’online, che è cresciuto in un solo anno del 69%. Ma ancora resiste il passaparola. Secondo un’indagine contenuta nel rapporto e fatta sui clienti di 500 ristoranti distribuiti tra Milano, Roma, Torino, Trento e Firenze, il consiglio di un amico resta il principale metodo di scelta del ristorante, arrivando al 43,5% del campione, più distanti: Facebook (13,7), Tripadvisor (13,3), Google (10,7) e Instagram (7,9).



Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: la frammentazione per un fenomeno che sta prendendo sempre più corpo: i bar diventano tavole calde, le macellerie che aggiungono la cucina, i concept store che uniscono la somministrazione di cibi e bevande ad attività commerciali completamente diverse. Insomma, tutti, oggi, vogliono fare da mangiare.



Nello stesso tempo lo studio sottolinea che alla fama e al prestigio degli ‘stellati’ non corrisponde un reale peso economico. I ristoranti italiani ai quali la Michelin aveva concesso almeno una stella nel 2018 erano 367 in Italia, ovvero lo 0,1% del totale dei ristoranti. In termini di fatturato, la stima è di poco inferiore a 285 milioni di euro, quindi poco più dello 0,3 per cento. Va molto meglio ai ristoranti etnici. Questo filone ha visto crescere del 40% le attività negli ultimi 5 anni e alla fine del 2017 i locali che servivano cibi esotici erano 22.608, il 6,78% del totale, con 667 mila addetti.

In prospettiva, scrive Pambianco wine analizzando la conclusione del rapporto, sarà la ristorazione cool (dove si mangia bene senza spendere cifre esagerate) e accessibile a conquistare spazio e ricavi, superando quella non cool all’interno della quale viene inserita la formula percepita negativamente degli all you can eat (prezzo fisso mangiando senza limiti) e di tutti i locali visibilmente economici, mentre l’accessibile cool viene definito come “l’anello di congiunzione tra il ristorante classico e il fast food, con un’offerta gastronomica veloce e un servizio informale. Un luogo che, grazie all’ambiente curato e prodotti di qualità percepita come alta, gode di buona reputazione”.

Dunque, mi verrebbe da dire: meno guida Michelin e più guida “Osterie d’Italia” che comprende locali dove il rapporto qualità/prezzo è buono. Sotto questo punto di vista a Cesena e nel Cesenate non siamo messi male. Anzi, direi che sono diversi i locali dove l’offerta è buona. A prescindere dalla presenza nelle guide.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.