Metti il rider in cooperativa

La forma cooperativa potrebbe migliorare le condizioni di lavoro dei riders? Simboli del “nuovo che avanza”, i ciclofattorini sono i ragazzi che consegnano a domicilio in bicicletta pizze, bibite e altro cibo. Sono ingaggiati online da piattaforme come Deliveroo, Foodora o Glovo, di solito non incontrano nemmeno i propri “datori di lavoro”. Tutto spersonalizzato, senza diritti, una giungla di paghe orarie (chi prende 4 euro a consegna, chi 5 o qualcosa in più), lavoretti che definire precari è già tanto. Se ne interessa talvolta la politica (la legge sul salario minimo), i sindacati (a Bologna è nata anche un’associazione dal basso, Riders Union), persino i giudici del lavoro per alcuni casi finiti nelle aule di tribunale, si è poi acceso un dibattito fra gli esperti di diritto del lavoro. Intanto in Belgio, in Francia e in Spagna sorgono le prime piattaforme cooperative che estendono i diritti di questi giovani corrieri e avvicinano il loro trattamento a quello dei lavoratori dipendenti. Sono esperienze nate da pochissimi anni e che scontano il fatto di misurarsi con un mercato che, se non regolato, può preferire i costi più bassi imposti dalle piattaforme multinazionali. Tema emblematico, quello dei ciclofattorini, che declina in chiave moderna tutti o quasi gli aspetti fondamentali del mondo del lavoro, dai rapporti di forza alla competizione, dal frazionamento alle nuove forme di microcriminalità, visto che in Europa sono già emersi casi di ‘subaffitto’ della consegna a giovani immigrati privi di documenti. Forse qualcuno si ribellerà al Far West e aggiornerà e adeguerà modelli nati oltre un secolo fa, per fronteggiare bisogni in fondo simili.

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