Il vero pericolo è la stagflazione

Il caso precedente negli anni Settanta, fu provacata dalla crisi petrolifera

CESENA. Per il momento il pericolo non è dietro l’angolo: usciamo dalla più pesante deflazione degli ultimi settanta anni e la ripresa appare vigorosa anche se incerta. In molti paesi (Italia compresa) la capacità occupata rimane ancora sotto i livelli pre crisi, mentre è ripartita una nuova fase di investimenti destinata a incrementare l’offerta e aumentare l’efficienza produttiva. Inoltre, le banche centrali godono, almeno nei paesi avanzati, di un’indipendenza e di una credibilità che in passato non avevano. Però non bisogna abbassare la guardia per tenere lontana la stagflazione che è molto più rischiosa rispetto all’inflazione.

Si è in stagflazione quando l’economia soffre contemporaneamente di un’elevata inflazione e di una crescita bassa o nulla del prodotto. Una combinazione di fenomeni manifestatasi per la prima volta all’inizio degli anni Settanta, a seguito del primo aumento dei prezzi del petrolio. Impennata che portò all’incremento dei costi di produzione in tutti i processi e provocò una caduta della domanda con effetti negativi sulla crescita economica. La stagflazione mise in crisi lo schema di politica sino ad allora prevalente: una maggiore inflazione è associata a un minore tasso di disoccupazione, e quindi a una maggiore crescita economica. Purtroppo, curare la stagflazione non è facile, poiché politiche monetarie espansive non fanno altro che esacerbare l’inflazione, mentre politiche restrittive deprimono la crescita. 

La ricetta più gettonata è aumentare la produzione nell’economia limitando l’offerta di moneta. Ma come? Una strada potrebbe essere tagliare le aliquote fiscali per aumentare il potere d’acquisto. Ma c’è un ostacolo: oggi i bilanci pubblici, ma non solo, hanno livelli di debito da economia di guerra, che necessitano non solo di bassi tassi d’interesse e di una forte crescita ma anche di un po’ d’inflazione. 

Ma al momento qual è la situazione? Gli analisti ritengono che ci sia il rischio che l’economia mondiale rallenti e che una moderata inflazione duri più a lungo del voluto sia da mettere in conto. Di qua la necessità del governo Draghi di accelerare le riforme previste dal Recovery Plan che può aiutare anche la crescita dell’occupazione e di augurarsi che la Banca centrale europea non leghi il suo mandato alla stabilità dei prezzi in maniera rigida.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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