Da Londra pizzino a Salvini (e a Giorgia Meloni)

CESENA. Porte girevoli per le donne alla guida di un paese. Mentre Liz Truss, premier del Regno Unito, ha lasciato dopo solo 44 giorni di regno, Giorgia Meloni diventa la prima donna presidente del Consiglio in Italia. In linea di massima non ci dovrebbero essere collegamenti tra le due carriere. Ma, a ben vedere, un filo rosso c’è ed è anche importante. La leader britannica è stata “defenestrata” soprattutto dai mercati che hanno bocciato la sua manovra economica. Subito dopo essere entrata in carica, Liz Truss ha approvato un intervento  fiscale che tagliava le tasse. Ma con un problema: non trovando le coperture l’ha fatto in deficit, operazione bocciata dai mercati e a pagare pegno è stata la sterlina. A quel punto c’è stata una immediata retromarcia, comportamento inusuale per un politico. La sterlina si è ripresa, ma la premier britannica ha perso l’appoggio della sua parte politica (i Conservatori) e la sua esperienza è terminata dopo solo 44 giorni di governo. Un record negativo che difficilmente sarà ripetuto.

Cosa c’entra l’Italia? Assolutamente niente, nel senso che il Belpaese non ha niente a che spartire con il Regno Unito. Però Giorgia Meloni è stata avvisata. E il messaggio è forte e chiaro: se farà manovre spregiudicate i mercati non faranno sconti. In pratica non saranno consentite manovre in deficit. Al limite qualcosa (non moltissimo) potrebbe essere accettato per tamponare l’emergenza energetica. Ma altri voli pindarici dovranno restare sogni di mezza estate. E l’Italia non ha i fondamentali per reggere ad una pesante bocciatura dei mercati. 

Come si dice: parli a nuora perché suocera intenda. Insomma, il messaggio è a Giorgia Meloni, ma il vero destinatario è Matteo Salvini. In campagna elettorale il leader leghista ha fatto promesse fantasmagoriche, a partire dalla costosissima flat tax. Per applicarla servirebbero un pacco di miliardi dei quali l’Italia non dispone. I casi sono due: o si trovano le coperture o si agisce in deficit. In  entrambi i casi ci sarebbero enormi rischi. Nel primo si rischia di minare i fondamentali dello stato sociale (già molto indebolito), nel secondo ci sarebbe l’incubo della reazione dei mercati. Nessuno ha la sfera di cristallo, quindi è difficile immaginare come se ne uscirà. Però di sicuro non è una questione di lana caprina.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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