Lo Stabilimento Tipografico dei Comuni di Santa Sofia investe in nuovi macchinari e conquista fasce di mercato in tutta Italia con tecnologie all’avanguardia, attenzione a qualità, sicurezza e rispetto ambientale
C’è un volto nuovo all’ingresso, una ragazza molto giovane e cordiale. Non mi riconosce ed è buon segno. «In un anno abbiamo fatto otto nuove assunzioni», spiega il presidente dello Stabilimento Tipografico dei Comuni, Moreno Agnoletti. Quel sorriso racconta meglio dei numeri cosa significhi la cooperativa di Santa Sofia per la vallata del Bidente, provata da crisi aziendali pesantissime. Tanto che oggi, con i suoi quasi 40 soci lavoratori, il Tipografico è una delle realtà produttive più importanti di questa comunità che vive e lavora a due passi dalla diga di Ridracoli. Il bilancio 2016 ha fermato l’asticella vicino a quota 3,4 milioni di euro, ancora lontani dai 4,3 del 2009, ma assai meglio degli anni successivi, quando la tempesta ha cominciato a battere forte sui vetri di tutti. E il 2017, incrociando le dita, è cominciato sotto i migliori auspici.
«I margini sono più bassi, ma non abbiamo chiuso nemmeno un bilancio in rosso. Anzi, quest’anno siamo riusciti a dare anche il ristorno. Ne siamo usciti senza un’ora di cassa integrazione, razionalizzando i costi e programmando le uscite di chi è andato in pensione», prosegue Agnoletti. Parafrasando Mark Twain, la notizia della morte della carta era fortemente esagerata, nonostante il tifo dei “guru” del marketing.
Questione di mode. Intendiamoci, il tunnel non è finito per nessuno, ma a Santa Sofia hanno deciso di “arredarlo” con lo spirito pratico di chi vive in montagna. «Ne abbiamo approfittato per rinnovarci: ci siamo aperti al mercato della stampa digitale e dei gadget aziendali, creando un nuovo ufficio commerciale dedicato. Abbiamo inaugurato l’e-commerce e informatizzato i processi», dice Gabriele Nobili, il responsabile amministrativo.
In punta di piedi, come è suo stile, il Tipografico è entrato in mercati inediti, conquistando gli spazi lasciati dalle piccole tipografie che hanno ceduto. Gare importanti, come Equitalia, e clienti nuovi, anche in ambito cooperativo. Ogni settimana partono per la riviera 25mila copie di Extra, il settimanale del Corriere Romagna. Sono “made in Santa Sofia” anche il bilancio sociale di CIA-Conad, le schede elettorali di Coop Alleanza 3.0 e il giornale cooperativo per le scuole Zai.Net. Oltre alla rivista che state leggendo.
Lo spirito cooperativo riveste anche la decisione di investire sulla piattaforma ambientale: luci a led, vetri termici, risparmio energetico, recupero del calore. «Del resto – prosegue Agnoletti – siamo stati tra i primi a credere nella certificazione FSC per la nostra filiera di stampa. È un valore aggiunto che i clienti ci chiedono sempre più spesso».
Mi sorge a questo punto un dubbio personale, ma la digitalizzazione sarà davvero più sostenibile della carta? Vedremo tra 10 anni quanti metalli rari degli smartphone avremo riciclato e quanti saranno finiti ad avvelenare dei poveri disgraziati.
Nel frattempo mi informano che alcuni ospedali hanno realizzato che i cd-rom di 20 anni fa non si leggono più. Quindi alcune cose importanti è meglio conservarle su carta. Ricordate i floppy disk? Bene, perché loro invece hanno perso ogni memoria di voi.
Quando il Tipografico dei Comuni è nato, alla fine dell’Ottocento, non c’erano di questi problemi: i giornali e i libri di allora, però, ci sono ancora. Anche le crisi ci sono già state, e la trasformazione in cooperativa nel 1986 fu conseguenza di una di esse. L’importante è la visione di lungo periodo: qui alle pendici del parco delle Foreste Casentinesi, infatti, hanno ripreso a investire in tecnologia. Il nuovo “computer to plate” Fujifilm è costato 120mila euro. In prestampa lo presentano al fotografo con l’orgoglio dei neogenitori. La storica macchina Heidelberg è stata riconvertita a fustellatrice, «e ora siamo tutti in attesa della Muller Martini». Svizzera, precisa, impeccabile, un investimento da 300mila euro. Lascerà un segno, come tutti qui sono abituati a fare.
Emilio Gelosi
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