La ripresa economica slitta alla seconda metà del 2013 o, addirittura, al 2014. Ma ci cominciano ad essere tutta una serie di se e di ma. A cominciare dall’aumento della disoccupazione (prevista la perdita di ulteriori 700 mila posti di lavoro) all’euro forte. Se è vero che la ripresa passerà dall’export, il rafforzamento della moneta unica non ci aiuta.
Insomma, il quadro non è dei migliori e le prospettive non sono rosee. Anche e soprattutto per questo l’economia dovrà essere il punto dal quale dovrà partire il nuovo governo.
Servirebbe una scossa fortissima.
Del resto i dati economici ed occupazionali confermano che non potrà essere completato il risanamento senza sviluppo e che la politica dei tagli e dell’aumento della pressione fiscale senza politiche di sostegno e di investimento, produrrà altra recessione e disagio sociale.
Lavoro e crescita sono gli obiettivi da perseguire subito.
Solo stringendo i vincoli e tagliando mezzi e risorse non si potrà contrastare la crisi e invertire la rotta.
Difficilmente potrà arrivare tutto e subito.
La situazione di cassa è sotto gli occhi di tutti e senza lilleri non si lallera. Però alcuni provvedimenti non sono più rinviabili. Uno dei più urgenti riguarda il patto di stabilità.
Le proiezioni per il 2013, così come è strutturato oggi, fanno prevedere che l’ente pubblico sarà impossibilitato a pagare le imprese, pur avendo i soldi in cassa.
Questo determinerà il contemporaneo blocco del piano degli investimenti che prevede opere necessarie per le città e la cui realizzazione permetterebbe di dare ossigeno alle imprese.
Per dare risposte urgenti non servirebbe un cambiamento epocale. Sarebbe sufficiente uno sblocco di quella parte del patto di stabilità che permetta di considerare esclusi da questo gli investimenti produttivi.
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