Messaggio di fine anno del sindaco: finché non riusciremo a vivere tutti dignitosamente nessuno potrà davvero vivere bene
Messaggio di fine anno di Paolo Lucchi, sindaco di Cesena.
Tanti di noi – assieme ai Nomadi, a Paolo Cevoli, a migliaia di romagnoli e di emiliani – saluteranno il 2017 nella stessa Piazza del Popolo che ci ha regalato l’emozione collettiva più forte dell’anno che lasciamo: quella garantita dalla grande lezione di politica morale offertaci il 1 ottobre da Papa Francesco.
In quella giornata memorabile abbiamo confermato di essere una comunità piena di valori positivi, in grado di ascoltare ed anche di gestire (grazie all’impegno di centinaia di volontari e ad una perfetta collaborazione tra Diocesi, città e forze dell’ordine) eventi organizzativamente impegnativi.
Lo stesso accadrà questa sera: il precisissimo lavoro preparatorio degli amici di “Vivere il tempo” (coordinati da uno staff di prim’ordine formato da Raniero Faedi, Gianfranco Rossi, Simona Benedetti, Matteo Marchi) e la presenza rassicurante di decine di volontari, poliziotti, carabinieri, agenti di polizia municipale, ci consentiranno di vivere con serenità una Piazza del Popolo piena di musica, battute e bellezza.
Lasceremo quindi il 2017 in allegria, consapevoli di come a Cesena ci si possa dire fortunati di ciò che l’impegno di tutti ci consente di classificare come “qualità della vita percepita e reale”, ma anche inevitabilmente certi di come ci attenda un 2018 non certo in discesa.
In vista del nuovo anno non credo si debba essere ottimisti o pessimisti “per partito preso”. Chi, a prescindere, ci regala perle di saggezza consapevolmente di parte, non serve alla nostra comunità. E non perché essere di parte sia sbagliato ma, più semplicemente, perché negli anni noi cesenati abbiamo tagliato traguardi ambiziosi solo mantenendo una lucidità fatta di equilibrio nei giudizi, concretezza, capacità di impegno costante, voglia di migliorarsi.
Nel 2018 e negli anni a seguire dovremo confermare questo atteggiamento sempre, pensando al futuro della nostra città come comunità di donne e di uomini, ma anche come “comunità di diritti”.
Perché sono i diritti di tutti i cesenati ed il loro riconoscimento pieno, gli obiettivi che devono guidarci. Con la consapevolezza – tanto semplice da sembrare alle volte fin troppo scontata – che finché non riusciremo a vivere tutti dignitosamente (a partire dalle 1.900 famiglie cesenati povere e da coloro che percepiscono le paure di un ascensore sociale troppo spesso fermo), nessuno potrà davvero vivere bene.
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