Non è giusto che un paese sia in continua campagna elettorale. In particolare perché il clima elettorale influenza le scelte dell’esecutivo e porta a parlare più alla pancia che non alla testa delle persone. E questo può garantire un ritorno immediato, ma, a lungo andare, spesso non è positivo per il paese. Del resto non è un caso che gli elettori abbiano sempre punito i politici che avevano fatto quelle riforme che erano impopolari, ma servivano al paese. In Inghilterra Tony Blair sfruttò il calo dei Conservatori per gli interventi di Margaret Thatcher. In Germania Schroder rimise in careggiata il paese, ma alle elezioni successive fu battuto dalla Merkel.
Restare a debita distanza dalla competizione elettorale non significa però ignorare il messaggio che è arrivato dagli elettori.
Nel caso della recentissima tornata delle regionali è stato forte e chiaro. È vero che si trattava di consultazioni locali che riguardavano solo due territori e, per di più, un ente (la Regione) dal quale i cittadini si sentono abbastanza distanti. Ma una di queste due aree era l’Emilia – Romagna, zona con un forte senso civico. Quindi il fenomeno dell’astensionismo va analizzato a fondo. Del resto che ci fosse del malessere lo si era capito dall’affluenza (scarsissima) alle primarie per la scelta, da parte del Pd, del candidato alla presidenza della Regione.
Per questo non condivido l’entusiasmo di Matteo Renzi e di Sandro Gozi. E’ vero, il Pd ha vinto e bene. Ma è anche vero che ha ottenuto poco meno del 50 per cento di meno del 40 per cento degli elettori. Ma forse ha ragione Stefano Folli quando, su Repubblica, afferma che quello del presidente del consiglio è un ottimismo di maniera. Renzi è troppo intelligente per sottovalutare questo livello di astensionismo.
Nel frattempo dai politici devono arrivare segnali forti e chiari di discontinuità col passato. Dagli elettori hanno ricevuto un avviso di sfratto, sta a loro prenderne atto nel modo migliore e far cambiare opinione a chi vota.
L’esecutivo, invece, fra le tante domande che deve porsi dovrebbe inserire anche quella sul futuro delle Regioni.
Io ritengo che sia un ente che deve continuare ad esistere, ma con una forte riduzione, Quelle attuali sono troppe. Per questo ho salutato con piacere la proposta di ridurle. Il Pd parla di dodici. Forse sono ancora troppe. Non dico che il numero giusto sia cinque, come attestato da uno studio della fondazione Agnelli di diversi lustri fa. Però non dovrebbero essere molte di più.
Va da se, poi, che nei diversi ambiti territoriali si dovrebbe sviluppare uan politica di area vasta da attuare nei settori più importanti. Penso a sanità, trasporti, fiere, cultura, programmazione territoriale, regolamenti, sociale. Ma di sicuro ne ho dimenticato qualcuno.
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