«Bologna non può pensare di condizionare le scelte della Regione per sistemare i suoi conti. Né tantomeno che il dibattito politico interno bolognese posasa ripercuotersi, ed è già accaduto in passato, sulle politiche dell’intera regione». È stata durissima la reazione dei sindaci dei capoluoghi romagnoli dopo l’annuncio del primo cittadino felsineo Virginio Merola di non vendere più le proprie azioni di Hera.
Con una quota di poco inferiore al 10% il Comune di Bologna rimane il socio più forte della multiutility. «Non si tratta di un atto demagogico – ha detto Merola – perché siamo stati in grado di cercarci altri soldi per gli investimenti».
Una decisione però che ha “stupito” i sindaci romagnoli. «Non intendiamo entrare nel merito di questa libera decisione di ogni singola amministrazione, anche se non possiamo fare a meno di ricordare come proprio l’amministrazione bolognese avesse sostenuto, con determinazione, la tesi opposta negli ultimi mesi del 2014» – hanno scritto in una nota congiunta Matteucci, Drei, Gnassi e Lucchi. «Al di là di questo, che comunque non è un dettaglio, la nostra attenzione si concentra soprattutto sulle dichiarazioni con le quali il sindaco Merola ha spiegato le ragioni di questo improvviso ripensamento».
In particolare, l’inversione ad U’ sarebbe dovuta all’idea di sostituire le risorse provenienti dalla vendita delle azioni di Hera con la prospettiva di ottenere una quota importante nella ripartizione dei fondi europei in capo alla Regione. Ciò in aggiunta ai fondi destinati alla Città Metropolitana e la quotazione in Borsa dell’aeroporto.
«È la prima ipotesi che ci sconcerta e ci preoccupa», continuano Lucchi, Drei, Matteucci e Gnassi. A quel che ci risulta, infatti, nulla è stato ancora deciso sull’erogazione del danaro assegnato da Bruxelles e quella di Merola pare una vera e propria “fuga in avanti”, davvero fuori luogo. Bologna non può pensare di condizionare le scelte della Regione per sistemare i suoi conti. Per quanto ci riguarda, noi ci impegneremo strenuamente per difendere i diritti delle nostre città e dei nostri cittadini, in un’ottica di equità ed equilibrio territoriale. Non possiamo accettare che il “policentrismo” regionale venga sostituito da un “bolognacentrismo”, inefficace nei fatti sia come strumento di sviluppo del sistema Emilia-Romagna sia per Bologna stessa».
«Amo la Romagna e non commento le dichiarazioni dei sindaci romagnoli», ha glissato invece il sindaco felsineo. «Il rischio che Bologna faccia pagare alla Romagna i problemi bolognesi? Credo che approfondendo i contenuti della nuova legge di riordino istituzionale che chiarirà qual è il ruolo delle città metropolitane, un ruolo non pigliatutto ma al servizio degli altri capoluoghi, certe animosità e preoccupazioni si stabiliranno».
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