Gli occhi tenuti bassi tradiscono un’inguaribile timidezza. Strano per uno come lui che “mangia” luci e palchi ormai da 30 anni, ma Vinicio Capossela è così. Sembra uno che le cose belle che scrive, alla fine, se le terrebbe volentieri anche per sè. E’ un canta-scrittore atipico, ancor prima di essere un uomo del sud. Venerdì sera, 22 maggio, ha presentato il suo ultimo libro “Il paese dei Coppoloni” al cinema Astra di Cesena all’interno della rassegna “La bellezza delle parole” curata dal direttore artistico Emiliano Visconti. E per la grande affluenza di pubblico, l’organizzazione ha dovuto improvvisare addirittura una replica. I primi arrivati, alle 22.45, sono dovuti uscire per far entrare l’altra parte di pubblico rimasta fuori.
Capossela, presentato dallo stesso Emiliano Visconti insieme allo scrittore e disegnatore Gek Tessaro, non si è scomposto. Col suo immancabile cappello in testa e il suo romantico gilet è partito spiegando perchè il libro non è scritto in prima persona ma con il plurale maiestatis.
“So che solitamente non si fa, ma visto che in ognuno di noi c’è una pluralità di persone, tanti animali guida che ci portano a spasso per la vita, ho scelto di usare il noi napoleonico”.
“Il Paese dei Coppoloni” (Feltrinelli) è il quinto libro scritto da Vinicio Capossela, dopo Tefteri, Il Saggiatore (2013), In clandestinità, Feltrinelli (2009) e il primo “Non si muore tutte le mattine” Feltrinelli (2004). E’ un libro visionario che deve molto alla magia del sud e della gente che ci vive. Amici, uomini incontrati al bar o in stazione, vicini di casa trasformati in personaggi mitici come quel Testadiuccello, che è cieco, ma solo dagli occhi. Vinicio Capossela che da una quindicina di anni si è ravvicinato alla sua terra d’origine, l’Irpinia, è riuscito a raccontato l’intima complicità ritrovata con luoghi e tradizioni del magico sud. Nel suo libro c’è chi va alla conquista dell’inutile, chi è capace di leggere le orme degli animali, chi si ferma agli incroci di piccole strade di paese (per l’appunto il Paese dei Coppoloni) a chiedere indicazioni su improbabili mète. “Del resto il mio – ha concluso Capossela – è un libro fatto di viottoli, di piccole strade terrose di campagna. Se volevate un’autostrada dovevate prendervi Baricco”. Applausi autentici per Capossela che, senza base musicale, si è dimostrato signore delle pause e volutamente lento come un motore diesel, ma che quando parte sa dove arrivare, non ti lascia mai a piedi e ti accompagna in viaggi indimenticabili.
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