Trasparenza su Facebook?

Da settimane sui profili di molti iscritti a Facebook si susseguono circostanziate dichiarazioni di diniego all’utilizzo dei propri dati personali da parte del colosso dei social network. Qualcuno ogni tanto fa notare il paradosso di simili declamazioni su una bacheca che fa della massima trasparenza, se non proprio del voyeurismo più sfrenato, una delle sue principali ragioni d’essere. Parole al vento. Chi entra nel mondo di Zuckerberg – un miliardo e mezzo di utenti in crescita – deve mettere in conto di esporsi nudo non solo alla curiosità altrui, ma anche all’utilizzo commerciale della sua vita. Non è solo questione di clausole legali, ma di semplice buon senso. Ma i social network, oltre a schedarci e  a vendere le nostre preferenze, amano pedinarci in rete attraverso i “cookies”, quei file che ci fanno riconoscere ogni volta che accediamo al programma. E’ una forma di stalking che arriva a colpire anche chi non è utente di Facebook. In questo caso gli utenti risultano insufficientemente protetti dalle legislazioni nazionali. Facebook come la nuova Spectre? Il sospetto è legittimo. E nel frattempo forse conviene affidarsi a un principio di trasparenza preventiva come quello utilizzato dalla parlamentare berlusconiana Laura Ravetto che ha scritto su twitter: «Da oggi sono single. Lo dico prima che qualcuno mi paparazzi con un altro e dica che ho tradito il mio fidanzato».

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Emanuele Chesi

Emanuele Chesi è capo della redazione del Resto del Carlino di Cesena. Per Romagnapost scrive di media, in particolare del rapporto tra informazione e politica, e di tutto quello che gli viene in mente. 

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