Cesena ha bellezze e storia. Però andrebbero messe a sistema. Indubbiamente è unica lungo via Emilia. Anche la scelta urbanistica non ha eguali. Ma servirebbero fondi per lanciarla
Le riflessioni di Graziano Gozi sono molto interessanti. Ho, però, un paio di distinguo. Non ritengo fondamentale creare altri parcheggi. Se ce ne fossero dei nuovi male non farebbero di certo, ma non sono una priorità. Non condivido, invece, l’idea di mantenere il mercato ambulante negli stalli attuali. Ritengo che sarebbe meglio liberare piazza del Popolo. Per il resto sottoscrivo tutto quello che sostiene il direttore della Confesercenti cesenate.
Però vorrei soffermarmi su un aspetto: la città turistica. Mi rendo conto che non è facile, ma si potrebbe fare molto di più. Però, per prima cosa, bisognerebbe crederci, cosa che, ho avuto l’impressione, fino ad ora è avvenuta solo parzialmente. Mentre ritengo che Cesena avrebbe potenzialità enormi.
La città non solo è bella e ricca di storia, ma non ha niente da invidiare a località enormemente più blasonate. Non vorrei apparire troppo quel campanilista che in effetti sono, ma città, come, ad esempio, Salisburgo, ma anche Bologna o la tanto blasonata Mantova, oppure Verona o Siena non surclassano Cesena come proposta complessiva.
È chiaro, un’offerta interessante si potrebbe fare solo mettendo a sistema tutte le eccellenze che ci sono. E, badate bene, non sono poche. In testa, è ovvio, c’è la biblioteca Malatestiana. Ma poi ci sono la rocca, la stupenda piazza del Popolo, il sistema delle piazze, la millenaria basilica del Monte, l’inconmensurabile Palazzo Albornoz (sprecato come sede del Comune), il Ponte Vecchio, il Bonci, le tante chiese a partire da quella del Suffragio, la centuriazione, il parco della Rocca, Villa Silvia e i suoi legami con Giosuè Carducci, le miniere di Formignano. Poi, nel raggio di pochi chilometri, ci sono il porto leonardesco di Cesenatico, le saline di Cervia, l’incantevole Pieve di Monte Sorbo, Bertinoro con il suo balcone sulla Riviera.
Ma Cesena poi ha una particolarità. Anzi, quasi un’unicità. Come scrive Andrea Sirotti Gaudenzi, ha un fascino che è esercitato dal fatto di essere nascosta, strana, diversa da tutti gli agglomerati urbani che si trovano sulla via Emilia. Cesena, come scrive Sergio Zavoli, è una città segreta che va scoperta. Bisogna arrivarci e per farlo si è tenuti a superare ostacoli che il paesaggio ha regalato al piccolo e raccolto centro storico che lo rende unico tra quelli della Romagna. Ma, la particolarità è che nel cuore di Cesena non esiste una sola strada dritta. E Sirotti Gaudenzi ha ragione quando scrive: tutto è magnificamente irregolare e confuso. I piccoli viottoli storti portano alla piazza, che poi si confonde con la strada; le facciate armonicamente assimetriche dei palazzi si sposano in un contesto urbano, seppur armonioso, che contribuiscono al fascino della Curva Caesena.
Ma la città è ricca anche di storia. C’è la battaglia del Monte, la strage del 1377. Ma è interessante anche la disputa per il vero Rubicone, fiume del “Dado è tratto”. Ma ci sono anche tanti personaggi, a partire da Novello Malatesta. Poi sono arrivati Alessandro Bonci, Marietta Alboni, Renato Serra. Ma c’è una figura importante, ma poco ricordata. O, non in maniera sufficiente. È Violante Malatesta. La moglie di Novello ha una storia particolare e affascinante.
Insomma, di elementi ce ne sarebbero tanti, però andrebbero messi a sistema. Cosa che non è mai stata fatta in modo organico. Per creare un’offerta turistica poi servirebbero degli investimenti perché, come dicono nella Romagna-Toscana, “senza lilleri non si lallera”. E questo è l’anello debole. Ha ragione Graziano Gozi a fare il paragone con Forlì dove ogni anno la Fondazione investe dieci milioni. A Cesena bisogna fare di necessità virtù e in assenza dei soldi bisognerebbe avere la forza delle idee.
Comunque, quella della città turistica è una strada che andrebbe battuta. Al momento è una delle poche (se non l’unica) che può garantire uno sviluppo per il commercio che, soprattutto, è alle prese con una crisi sistemica e, quindi, necessità di nuovi sbocchi.
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