L'allarme di Giuliano Zignani, segretario regionale Uil, che ha ripreso i temi sollevati da Rosy Bindi. Chiesta una Dda romagnola
Troppi silenzi e pochi uomini. Condivido in pieno l’analisi fatta da Giuliano Zignani, segretario regionale della Uil, sull’inserimento delle mafie in Romagna. L’allarme rosso per la verità è scattato da molto tempo. Chi, come me, si è occupato di cronaca nera e giudiziaria a Rimini, sa che il radicamento della malavita organizzata non è una novità. Episodi inquietanti e dai segnali incontrovertibili sono successi più di una volta. Ma non solo nel Riminese. Come negli altri territori della Romagna poi ci sono state importanti e inequivocabili operazioni delle forze dell’ordine. Anche se il core business era a Rimini, località che si prestava agli insediamenti per tutta una serie di motivi, a partire dalla possibilità di riciclare nel turismo.
Però il tema è sempre rimasto colpevolmente un po’ troppo sottotraccia. Ed ora a rilanciarlo è stata Rosy Bindi, presidente della commissione Antimafia. “C’è più mafia di quella che siamo riusciti a trovare – ha detto -. Non c’è stata sottovalutazione, ma ci sono troppi reati spia e la Romagna è interessante per le mafie”. Quindi ha sollecitato una maggiore attenzione al territorio, ma non ha puntato l’indice contro le forze dell’ordine che, anzi, “fino a questo momento hanno fatto un grosso lavoro”. Rosy Bindi ha detto, bel modo più chiaro possibile, che “La Romagna ha bisogno di forze specializzate”. Insomma, una Dda romagnola.
Però per averla serve determinazione. È quella che Zignani chiede ai politici locali. “Devono smettere di far finta di niente – dice – e continuare a dire che tutto va bene. Rischiamo di scoprire troppo tardi che si sono diffuse le metastasi in un corpo che ancora è abbastanza sano, ma qualche male ce l’ha. Il problema è che gli organici delle forze di polizia sono rimasti gli stessi del periodo in cui la situazione era del tutto diversa da oggi. E mentre c’è una certa attenzione sul contrasto alla microcriminalità, perché crea allarme sociale, non si può dire altrettanto per la macrocriminalità”.
Zignani è convinto che l’origine di tutto sia stato “un errore strategico che fu fatto dalla politica a metà degli Anni Ottanta, quando, dal sud Italia, vennero mandati al confino tanto esponenti della malavita organizzata”.
Però il timoniere della Uil regionale ritiene che ci si ancora un margine di manovra. “Dal processo Aemilia (il più grande maxi processo per mafia nel nord Italia ndr) sono giunti segnali che ci sono infiltrazioni mafiose allarmanti, soprattutto in settori fondamentali come l’edilizia. Ma è anche emerso che la società e le istruzioni sono sane”. È proprio per questo che ritiene che, in questo particolare momento storico, sia necessario alzare ulteriormente la guardia.
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