Non vediamo la trave

Dall'ultimo report del Centro studi di Confindustria arrivano segnali non proprio buoni per l'occupazione, ma nessuno ne parla

Ci preoccupiamo della pagliuzza e non vediamo la trave. Forse l’esempio è esagerato rispetto a quello che penso, ma è quello che ritengo calzi comunque alla perfezione. In questi giorni le cronache sono concentrate soprattutto sul tema dello sbarco dei migranti. Un problema allo stesso tempo importante e popolare. Non a caso leggo che è stato uno di quelli che ha influito di più sull’esito delle ultime elezioni amministrative (alla faccia del voto locale). È giusto che su un argomento come quello degli sbarchi si ribalta e si tenga alta l’attenzione.

Quello che, invece, non capisco è perché passano sotto silenzio (o quasi) temi che ritengo ancora più importanti. O, al limite, se proprio vogliamo, non meno importante di quello dei migranti. Molti potrebbero essere gli esempi, ma in particolare mi riferisco all’ultimo report del centro studi di Confindustria. Quindi non un sondaggio d’opinione o l’analisi di un trotzkista. Ebbene lo studio ha segnalato che nel 2017 il pil crescerà più del previsto, ma l’occupazione non farà altrettanto.

 

Viale dell’Astronomia – scriveva Huffington Post – si aspetta però una frenata sul fronte del lavoro. Nel 2017 e nel 2018 l’occupazione rallenterà allo 0,9 e allo 0,8% (+390mila ULA – Unità di lavoro equivalenti), dal +1,4% del 2016. Dopo il +1,3% nel 2016, il Csc stima che, a fronte del parziale allungamento degli orari di lavoro, il numero delle persone occupate crescerà a ritmo più smorzato sia nel 2017 sia nel 2018 (+0,8% in entrambi gli anni). Alla fine del biennio previsto gli occupati torneranno sopra il livello pre crisi (+100mila rispetto al picco della primavera 2008, +0,5%). Il minimo era stato toccato nell’autunno 2013 con un calo di un milione di unità. Insomma, più produzione, frenata dell’occupazione e parziale allungamento degli orari di lavoro. In pratica l’esatto contrario del lavorare meno, lavorare tutti.

Eppure, purtroppo, il messaggio che è passato è che il pil del 2017 crescerà più del previsto.  Poi, tutti zitti. Si parla dei migranti, della legge elettorale, degli screzi nel Pd, dei botta e risposta nel centrodestra o delle gaffe del Di Maio dei 5Stelle. Mi viene da dire che ha ragione Maurizio Landini (Cgil) quando dice che in Italia servirebbe un partito dei laboratori. Una categoria che, così a naso, non pare rappresentata da nessuna forza politica e che salta di qua e di là (quando non si rifugia nell’astensione) alla ricerca di qualcuno che, almeno in parte, rappresenti le istanze dei lavoratori.

 

Non sarebbe complicato. Basterebbe tenere a mente che il compito della politica dovrebbe essere quello di creare ricchezza e redistribuirla nel modo più equo possibile, cosa che mi pare non stia succedendo. Col risultato che ci sono i lavoratori dipendenti hanno più problemi e che la classe media tende a scomparire. Sono temi sui quali un partito, in particolare di sinistra, si dovrebbe interrogare.

Questo post è stato letto 73 volte

Avatar photo

Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *