Pronto soccorso e codici bianchi. Serve più responsabilità

Da parte di tutti. L'analisi di Borghetti e Manzelli (Uil)

I medici di base devono tornare a fare i medici. Solo così si riuscirà a sgravare il Pronto soccorso da troppi accessi che possono e devono trovare risposta attraverso altri canali. È questo il pensiero che Marcello Borghetti e Paolo Manzelli, rispettivamente segretario della Uil cesenate e della Fpl Uil, hanno espresso in un’intervista pubblicata sulla cronaca di Cesena del Corriere Romagna.

Il tema è quello delle file al Pronto soccorso e, in particolare, della moltiplicazione dei codici bianchi. Fausto Aguzzoni, ex vicesindaco e assessore alla Sanità ed ex medico di base, aveva suggerito di sostituire il servizio H12 garantito dai gruppi di medicina base nei loro studi con una presenza a rotazione, in un ambulatorio da creare presso il Pronto soccorso per trattare i codici bianchi. Borghetti e Manzelli hanno qualche dubbio, temono che scatti una regola non scritta: in sanità se si aumenta l’offerta cresce automaticamente anche la domanda.

Un’analisi che può essere condivisibile. Però si deve partire da un presupposto. Bisogna intervenire, e presto per porre rimedio ad una situazione che rischia di essere sempre più pesante e che nell’immaginario collettivo porta ad avere sul Pronto soccorso del Bufalini una percezione diversa dalla realtà. Nessuno dice che se la patologia è grave non fai fila. Se ti assegnano il codice rosso (ma anche quello giallo) sei visitato in poco, pochissimo tempo.

 

E allora dobbiamo dirci le cose come sono. Alla base c’è soprattutto un problema di appropriatezza. Un pò quello che succede per gli esami strumentali per i quali ci sono (di frequente) anche richieste ingiustificate che finiscono per appesantire il sistema e allungare i tempi di attesa. Problema, questo, evidenziato anche da Borghetti e Manzelli.

Insomma, c’è una mentalità che va cambiata. A tutti i livelli. Il primo deve essere il cittadino. Per un occhio nero (banalizzo) non si va al Pronto soccorso, ma, al limite, ci si rivolge al medico di base che deve essere presente e, come dicono Borghetti e Manzelli, deve riappropriarsi dei propri compiti più prettamente clinici.

 

Insomma, non sarebbe male un ritorno al passato. Per quanto riguarda l’idea di Aguzzoni va premesso che non è male. O meglio non sarebbe male se da parte dei cittadini, ma anche dei medici di base, ci fosse un pelo più di responsabilità. Dovrebbe essere una sorta di guardia medica allargata. Il mio timore, però, ma lo è anche di Borghetti e Manzelli, è che ci possa essere un abuso dell’utilizzo di quel tipo di struttura, ma anche il tentativo di usarla per cercare l’effetto scorciatoia: velocizzare l’accesso a visite ed esami. Per i codici bianchi non servono. L’unico ricorso agli esami dovrebbe essere giustificato per i codici verdi a rischio frattura.


Insomma, servirebbero pazienti un po’ più responsabili, che non vogliano tutto e subito quando non ci sono evidenze cliniche che lo giustificano. Ma servirebbero anche medici (di base e di Pronto soccorso) che cominciassero a dire qualche no. Inoltre, per i codici bianchi, bisognerebbe eliminare qualsiasi forma di esenzione al ticket.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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