Realismo, non populismo ideologico

Deve essere la principale caratteristica di chi governa. A tutti i livelli

Più di una volta ho espresso giudizi negativi sul governo nazionale. Chi mi critica sostiene che lo faccio perché prevenuto per una questione ideologica. Non ritengo sia così. È vero. Da questo governo sono ideologicamente molto distante. In particolare dalla Lega. Un po’ meno dai 5Stelle che però non mi convincono per altri motivi, supponenza compresa. Però l’ideologia non  ha mai guidato le mie valutazioni. Fosse così sarei stato molto meno critico con il governo Renzi, a partire dalla scelta degli ottanta euro che continuo a ritenere buona nella filosofia, molto meno nei tempi e nella articolazione. Un po’ come quota cento e il reddito di cittadinanza.

https://www.lavocedinewyork.com/news/politica/2018/03/05/di-maio-e-salvini-le-prime-parole-da-vincitori-lontani-ma-forse-non-troppo/

Essendo keynesiano convinto ritengo (adesso, come lo ritenevo ai tempi del provvedimento degli ottanta euro) che, in un momento di forte difficoltà economica, se ci sono delle disponibilità vanno concentrate nei provvedimenti finalizzati a migliorare il ciclo produttivo. Poi si dovrà pensare agli interventi sociali, a partire dalle fasce più deboli. Perché resto profondamente convinto che l’obiettivo di un politico sia di una semplicità estrema: creare ricchezza e redistribuirla nel modo più equo possibile.

Poi, sia chiaro, ognuno ha la propria idea di sviluppo economico e di welfare. È lì che cominciano a pesare le ideologie. Però, pur cambiando il prodotto i fattori devono essere gli stessi. Senza creare ricchezza non si va da nessuna parte. E la storia di politica economica insegna che la ricchezza non la si crea con provvedimenti nazional popolari o puramente ideologici. Prendiamo, ad esempio, l’ultima legge sulla legittima difesa. Rispetto a quella che esiste già cambia poco o nulla. Sarà sempre un giudice a stabilire se il padrone di casa ha esagerato o no. E, se uno spara ad una persona alle spalle o che è inginocchiata, continuerà ad essere condannato. Ma Salvini esulta come un bambino che è appena entrato nel paese dei balocchi. Non mi meraviglia. Ha fatto un’operazione populista e ideologica che lo farà crescere in popolarità. Invece mi sorprende che siano fermi interventi fondamentali come quelli vitali per supportare un’economia sempre più boccheggiante.


Certo, di populismo ideologico stanno facendo il pieno anche i 5Stelle. Un esempio viene dai provvedimenti sull’editoria (stati generali compresi). Sono consapevole che nel caso specifico verrò accusato di partigianeria. Ed allora, non uso parole mie, ma quelle utilizzate da “Il Fatto Quotidiano” giornale che non può certo essere accusato di essere pregiudizialmente contrario ai 5Stelle. Innanzitutto è significativo che il giornale diretto da Travaglio scriva, a firma di Giovanni Valentini, che lo stop ai contributi diretti voluto da Crimi, sottosegretario all’Editoria, probabilmente serve “più per fare qualche concessione all’ideologia grillina che per autentica convinzione”.

Ma è anche importante quando sottolinea che “oggi più che mai è vero che non c’è democrazia senza libertà di informazione. E questa, di fronte all’avvento di internet, all’effetto dei social network e al bombardamento delle fake news, è in piena crisi economica, culturale, esistenziale”. Molto più di un monito. Io ci leggo un invito a governare con più realismo e meno populismo ideologico.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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