Si arrende anche un ottimista

Impossibile vedere il bicchiere mezzo pieno

Essendo un ottimista tendo a vedere il bicchiere mezzo pieno. In questo periodo però fatico a riuscirci. La volontà di guardare avanti resta. Ma è difficile immaginare un futuro migliore. La colpa non è solo del Coronavirus. Da qualsiasi parte ti giri arrivano solo cattive notizie. Sia chiaro, ormai ci dovremmo aver fatto l’abitudine. Ma l’impressione è che in questo momento ci sia una sorta di congiunzione astrale che calamita e assembla tutte le situazioni negative. Chi ci crede dà la colpa all’anno bisestile.


Magari, se fosse così dovremmo resistere altri dieci mesi e i cocci si ricomporrebbero. Però temo non sarà così. Certo, prima o poi usciremo dall’emergenza Coranavius. Secondo gli esperti ci aiuterà il caldo che è il nemico principale di quel subdolo soggetto che si incunea nel corpo della persone. Ma non sparirà. Però intanto dovrebbe arrivare il vaccino. Ma quando se ne andrà cosa lascerà dietro di sé? Probabilmente morti e feriti. Sia dal punto di vista sanitario che economico.

Per quanto riguarda l’economia il problema è che si inserisce in un quadro debilitato. Non è un problema solo italiano, ma il Belpaese è la punta dell’iceberg avendo fondamentali economici minati da tempo. Pensate, esultiamo perché nel 2019 l’avanzo primario (saldo economico escluse le spese per interessi) è all’1,7 per cento. È vero che è il migliore da molti anni a questa parte, ma è altrettanto vero che è così basso da consentire un margine di manovra limitato. Non dimentichiamo che nella seconda metà del 1990 era attorno al sei per cento. Adesso, inoltre, siamo un Paese anagraficamente vecchio e non solo e non abbiamo agganciato la rivoluzione industriale. L’offerta scolastica è insufficiente per preparare le competenze necessarie per l’industria 4.0. 


Come se ne esce? Innanzitutto alzando l’asticella dell’offerta politica. Poi con una ricetta keynesiana. Lo so, rischio di essere noioso con le mie teorie. Però questa volta io non c’entro niente. A dare questa chiave di lettura sono un economista e un imprenditore. Attilio Ventura, fondatore di Banca Leonardo, a Il Sole 24 ore ha detto: “È il momento di varare un piano di investimenti di ampio respiro, anche per gestire i processi di trasformazione come, per esempio, la transazione all’energia verde”.

Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, su Italia Oggi è andato oltre suggerendo di partire dai circa 100 miliardi di euro per infrastrutture non impiegati per le difficoltà ad appaltare le opere. “Sblocchiamo le nostre opere – dice – e mettiamo in campo la forza d’urto da esse rappresentate.  A dispetto dei mal di pancia degli anti italiani presenti nella politica nazionale. Altrimenti, rimarremmo alle solite chiacchiere da bar di cui sono specialisti molti capi politici emersi dalle macerie della Repubblica, essendo essi stessi macerie”.

Musica per le mie orecchie, anche perché va ricordato che quei 100 miliardi citati da Boccia sono già stati finanziati dal governo Gentiloni, quindi non provocherebbero un deficit ulteriore.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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