Austerity e coronavirus, le similitudini

Oggi come allora surreale è l'aggettivo più usato

La differenza si vede. La chiusura alle diciotto di bar e ristoranti è l’aspetto più evidente. Ma, fin dal primo giorno, si è visto l’effetto provocato dalla decisione del governo di “chiudere” l’Italia per contrastare lo sviluppo del coronavirus. Provvedimento che condivido. In toto. Ci pensavo da un po’ di tempo, ma non ero del tutto convinto. Lunedì però un amico mi ha fatto cambiare idea mentre correvamo.


E ieri ero curioso di vedere l’effetto. Anche se sono consapevole che per avere il quadro definitivo bisognerà attendere un paio di giorni. Ma soprattutto il fine settimana. Va detto che un certo cambiamento si era già percepito. Da circa una settimana. Soprattutto nei supermercati e non solo perché si cominciavano a vedere persone indossare la mascherina. Ma non solo. Però erano forse di più quelli che usavano la sciarpa per coprirsi la bocca. Ma anche nei comportamenti si notava un’inversione di tendenza. Persone che in fila (cassa o banco di qualsiasi tipo) cercavano di stare il più lontano possibile dagli altri. Idem quando si passava con il carrello tra gli scaffali. Tutti comportamenti che ieri si sono accentuati. 

Ed è questa la novità. Abbiamo un approccio diverso. Verrebbe da dire che non siamo più italiani. Battute a parte, la frenesia è stata sostituita da comportamenti più slow. Con i carrelli nessuno sorpassa nessuno. Ai banchi nessuno sgomita e aspetta ordinatamente il proprio turno.


Non nascondo che lunedì pomeriggio mi ha meravigliato vedere persone in fila e a debita distanza davanti alle farmacie. E ancora non c’era stata la stretta del governo. Ieri mattina, invece, un primo effetto si è visto sul traffico. C’erano meno auto in giro. Non molte, ma chi, come me, usa la bicicletta, se ne accorge. Percorrere il tratto Diegaro/Torre del Moro è stato più agevole.

Ma è nel tardo pomeriggio che si è visto il cambiamento. Vedere i pubblici esercizi abbassare le saracinesche alle diciotto ha fatto un certo effetto. Surreale è stato l’aggettivo più usato. Ma chi, come me, ha qualche anno di troppo, è stato riportato indietro di quasi 50 anni. Quando, a cavallo fra il 1973 e 1974, a causa della crisi petrolifera, fu deciso l’austerity. Ovvero lo stop alle auto per tutta la domenica. Certo, la situazione era diversa. Socializzare era la parola d’ordine. Ma anche allora, le prime volte, l’aggettivo surreale si sprecava. Ma poi non solo ci si abituò, ma il ritorno alla normalità fu salutato con un po’ di nostalgia. 

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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