Una tamerice centenaria in via Balzella

La pianta si trova nella zona che i forlivesi chiamavano "e tigrai"

La zona di Forlì compresa nell’angolo fra le vie Bertini e Balzella ha subito nel corso degli ultimi 40 anni modifiche radicali. Al posto di un podere e della relativa casa colonica, dalla struttura tipica del forlivese abbattuta in occasione dell’ampliamento dell’incrocio, ancora prima che fosse realizzata l’attuale rotonda, sono sorti capannoni in cemento armato che ospitano diverse attività di carattere commerciale. Sono rimasti sul posto alcuni alberi che attorniavano l’edificio abitato dal contadino. Fra questi un pianta di tamerice, che alcuni residenti del posto sostengono avere superato il secolo di vita. Probabilmente l’albero non desta nessuna attenzione in chi passa frettolosamente in zona, ma la tamerice spicca per le sue dimensioni e peculiarità arboree.  
Dal punto di vista botanico si può dire, in modo sintetico, che questo tipo di pianta appartiene alla famiglia delle Tamaricaceae, originaria delle zone sabbiose e salmastre di India, Cina ed Europa meridionale, e comprende circa 60 specie tra alberi e arbusti, tra sempreverdi e a foglie decidue, che possono raggiungere un’altezza di 15 metri nelle specie arboree. I fiori sono molto piccoli e sono caratterizzati da una fioritura piumosa in spighe sottili, generalmente primaverile-estiva. Le piante di tamerici, come si può leggere in qualsiasi testo scientifico, hanno fronde vaporose, formate da piccolissime foglie alterne, squamiformi, generalmente di colore verde glauco, simili, ad un esame superficiale, a quelle di alcune conifere. I frutti sono generalmente delle piccole capsule triangolari.
In alcune zone rivierasche, anche della costa romagnola, le tamerici sono state utilizzate per ornare viali, oppure sono a gruppi isolati nei giardini o sistemate come siepi frangivento nelle zone ventose; questo perché crescono bene in luoghi soleggiati, in terreni sabbiosi, tollerando anche quelli salmastri resistendo alla siccità e anche al freddo. 
“Nelle case di campagna della Romagna, come nel caso in questione”, ricorda Radames Garoia, esperto di tradizioni popolari, “venivano piantati diversi virgulti di tamerice (tamarês) per poterne utilizzare i rami che sono particolarmente indicati per fare le rustiche scope (e’ garnadon) per spazzare l’aia, le stalle, attorno ai pagliai e comunque superfici molto ampie. In alternativa al vimine (ven-c). Così come i rami venivano usati per costruire le gabbie per trasportare il fieno dal pagliaio alla stalla (e’ ghibon de fén), gabbia o contenitore che poteva essere di forma rotonda o rettangolare per una maggior capacità; in quella rettangolare, a volte, si applicavano due ruote fatte artigianalmente in legno dal contadino e due stanghe laterali, sempre in legno per manovrarla più agevolmente”. 
“La pianta di temerice doveva essere potata tutti gli anni”, prosegue Garoia, “lasciando solo il tronco basso (e’ zòc) dal quale partiva la messa dei nuovi rami per l’anno successivo e quindi tutti gli anni si potevano utilizzare per tutti i sopracitati utilizzi. Essendo un legno molto elastico (quasi al pari del vimine) i bambini, quando per giocare ci si arrangiava con quello che c’era, ne ricavavano degli archi”. 

La pianta di tamerice nella letteratura 
La pianta di tamerice è stata spesso citata in letteratura, tanto che il poeta Publio Virgilio Marone nell’opera “Bucoliche” scrive: “Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”, mentre nell’Iliade di Omero, Adrasto, re di Argo e di Sicilie, incalzato da Menelao, re di Sparta, inciampa col cavallo in un cespuglio di tamerici.
Il poeta Giovanni Pascoli intitolò la sua prima raccolta di poesie, pubblicata in successive edizioni tra il 1891 e il 1903, “Myricae”, parola latina utilizzata anche da Virgilio per indicare i suoi carmi bucolici e che significa, appunto, tamerice. Anche nella poesia di Gabriele D’Annunzio “La pioggia nel pineto” vengono citate: “…piove su le tamerici / salmastre ed arse…”
Le tamerici sono presenti anche nella poesia “Fine dell’infanzia” di Eugenio Montale, che compare nella raccolta “Ossi di seppia”: “…non erano che poche case / di annosi mattoni, scarlatte, / e scarse capellature di tamerici pallide…”.

Un’ulteriore curiosità: la zona de “e tigrai”
Alla narrazione dedicata alla pianta di tamerice secolare occorre aggiungere che l’agglomerato di case della zona dell’inizio di via Balzella, tutte collocate un tempo sulla sinistra della via, era chiamata dagli anziani forlivesi “E tigrai”, denominazione probabilmente affibbiata al luogo durante le guerre tra Etiopia e Italia. 
Infatti la regione dei Tigrè è quella più a nord tra le nove regioni dell’Etiopia. È popolata principalmente da persone di etnia tigrè e tigrina. La sua capitale è Macallè. Nel 1895 in seguito all’arrivo dell’esercito italiano nel Tigrè dalla vicina colonia di Eritrea scoppiò la prima guerra tra Etiopia e Italia. La seconda si svolse nel 1935 a causa delle mire coloniasliste di Benito Mussolini che aveva promesso agli italiani «un posto al sole» e un impero. Non solo, ai braccianti, ai senza lavoro, ai contadini che faticavano a sfamarsi aveva promesso terra buona e in abbondanza da coltivare. Ma quelle possedute dall’Italia in Africa erano terre aride, desertiche, mentre l’Etiopia aveva zolle più fertili. Fu così che l’Italia si impegnò in una guerra durante la quale alle popolazioni dei luoghi teatro del conflitto non fu risparmiato nussun orrore, compreso l’uso di gas tossici. Ma questa è un’altra storia. Sarebbe però importante ricostruire la genesi della denominazione popolare del luogo “e tigrai” (chi ha notizie può inviarle via email a: gabriele.zelli@gmail.com).

Piantiamo altre tamerici 
In questo contesto corre l’obbligo di segnalare l’iniziativa della Giunta dell’Emilia-Romagna che ha stabilito di favorire la piantumazione di quattro milioni e mezzo di alberi in più nei prossimi cinque anni, uno per ciascuno dei suoi abitanti, per fare diventare la Regione il “corridoio verde” d’Italia. Una nuova pianta per ogni residente, a partire dalle prime 500 mila che saranno piantate già quest’anno e che cresceranno nei giardini privati e delle scuole, in aree pubbliche e private e che si vanno ad aggiungere alle 200 mila annuali che già la Regione distribuiva tramite i propri vivai.
Il progetto annunciato prevede dal prossimo 22 giugno l’avvio di un bando riservato ai vivai dell’Emilia-Romagna per la distribuzione gratuita degli alberi a cittadini, enti locali, istituti scolastici, associazioni e imprese. A sostenere l’intervento nel suo complesso, un maxi-finanziamento di 14,2 milioni di euro che la Regione si impegna a mettere in campo fino al 2024, con la prima tranche da 1,6 milioni di euro immediatamente disponibile.
Dal prossimo 22 giugno, i vivai della Regione potranno presentare domanda per accreditarsi ed essere autorizzati a fornire gli alberi a Comuni, scuole, cittadini, imprese e associazioni che ne faranno richiesta. Per aderire all’iniziativa sarà sufficiente completare il modulo di manifestazione di interesse, collegandosi alla seguente pagina web: https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/leggi-atti-bandi/.  
Quali sono state le reazioni delle forze politiche a questa importante iniziativa? Decisamente poche. C’è chi l’ha definita demagogica, senza entrare nel merito, altre l’hanno ignorata. Fortunatamente molti enti locali e privati stanno già lavorando per non perdere l’importante occasione. Naturalmente nell’operazione di scelta delle piante si terrà conto delle specie autoctone ed allora non bisogna dimenticare alberi e piante autoctone che però non sono più di “moda”, sia in questa occasione sia in altri ambiti. 

Gabriele Zelli 

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016).