Da dove deriva il toponimo Ladino?

Prima tappa dell'itinerario Ladino, Rovere, Terra del Sole, Ladino

Per la bellezza dei luoghi e per la facilità del percorso consiglio a tutti coloro che abitualmente si dedicano all’attività motoria, sia a piedi, sia in bicicletta (meglio una mountain bike), di frequentare più assiduamente le zone attorno alle località Ladino, Rovere e Terra del Sole. 
Naturalmente il percorso di circa sei chilometri potrà essere diviso in più tappe in base alle proprie esigenze.  
Racconterò poco delle caratteristiche tecniche di questi percorsi perché sono già illustrate nei siti online appositamente dedicati e sul posto ci sono le dovute indicazioni. Cercherò invece di dare informazioni di carattere culturale, storico, sociale e naturalistico a partire dal significato del toponimo Ladino e dall’esistenza di un castello a partire dal IX secolo. 
Si parte dalla chiesa di Ladino per ritornare nello stesso punto. Si consiglia di imboccare la strada che corre a sinistra verso il bosco di Ladino e il guado. Superato quest’ultimo, si gira a destra per raggiungere la chiesa di Rovere per poi ritornare indietro verso la chiusa di Ladino e dopo averla oltrepassata raggiungere Terra del Sole. Una volta giunti in prossimità della cittadella medicea la si può visitare per apprezzarne le caratteristiche architettoniche, storiche e culturali (per questo consiglio la lettura della guida “Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, Diogene Books, Forlì 2014, oppure articoli di chi scrive pubblicati su alcuni giornali online forlivesi). Da Terra del Sole si rientra a Ladino attraverso la parte dell’omonima via che inizia dalla stessa cittadella e che corre parallela alla via del Partigiano in mezzo ai campi. L’altro itinerario parte sempre dalla chiesa di Ladino per raggiungere quella di Rovere, percorrendo la prima parte del tragitto in precedenza descritto per poi girare a destra dopo il guado. Arrivati a Rovere si può ritornare sui propri passi, oppure continuare lungo la via delle Vigne per raggiungere la pista ciclo-pedonale che porta al Parco Urbano “Franco Agosto”, itinerario che sarà oggetto di una specifica descrizione in un secondo momento. 

Da dove deriva il toponimo Ladino?
Come già in occasione della descrizione dell’itinerario Magliano – Ronco ci si avvarrà dei fondamentali studi di Marino Mambelli per dare le notizie sulla derivazione dei toponimi, come quello relativo a Ladino. Studi che vengono quotidianamente pubblicati su Forlipedia (www.forlipedia.it), l’enciclopedia del territorio online, insieme ad altri argomenti di carattere storico.
Su Forlipedia a tale proposito si può leggere: <<Ladino o Latino – scrive Ettore Casadei – pare fosse una fortezza romana. Secondo il Cobelli il castello venne distrutto nel 670 da Grimaldo longobardo, poi riedificato, appartenendo nel 1170 al conte Umberto di Pitignano, e di nuovo distrutto dai Faentini nel 1201 mentre apparteneva agli Ordelaffi.
Castrum Ladini – leggiamo sul secondo volume di Rocche e Castelli di Romagna – nominato anche Latini. Sorgeva dove si trova la casa colonica Fortezza, attorno alla quale si notano ancora tratti del fossato che circondava il castello; della rocca, sulle cui fondamenta è stata eretta la chiesa di Ladino, restano tracce delle cortine. Con un sommario lavoro di scavo se ne potrebbe rilevare la pianta. Il castello nel XIII secolo non esisteva più; la Descriptio Romandiole del 1371 riporta infatti Villa Ladini. Per villa si intendeva villaggio rurale. Nel 1894 il Rosetti testimoniava: oggigiorno resta solo memoria dell’antico castello in un podere e villa dei Paolucci Calboli da Forlì chiamata Fortezza. Il Castel Latino, a cui è intitolata anche una via nel quartiere Vecchiazzano, è oggi semplicemente Ladino.
Se il Castrum venne indicato come latino, nella giurisdizione dell’antico Foro di Livio doveva essere presente qualcosa o qualcuno che latino non era. La distribuzione di toponimi significativi porta interessanti testimonianze sulla presenza di diverse etnie nel nostro territorio nell’alto Medioevo. A sud della via Emilia troviamo la via Campagna di Roma e, appunto, Castel Latino, mentre a nord incontriamo il longobardo Braldo che ancora oggi qualcuno ricorda indicando il ponte del Braldo (o ponte di ferro) nell’odierna via Ghibellina. Il Braldo è, con tutta probabilità l’antica Braida, longobarda, la pianura aperta: insediamento di una o più famiglie di barbari. E poi quella straordinaria via Curte che costeggia il fronte degli orti all’interno del centro storico>>.
A questo punto Marino Mambelli riporta quanto scritto da Antonio Polloni sul volume
“Toponomastica Romagnola”, che indica per Ladino un’origine diversa, cioè da latus, laterini, ovvero a lato, laterale. <<“Seguiamo la traccia”, prosegue Mambelli, “il latino latus significa anche riva, sponda di fiume. L’accezione fa proprio al caso nostro. Ladino è a ridosso del fiume Montone e nelle sue vicinanze la mappa dell’Istituto Geografico Militare ci propone due interessanti indizi: una possessione denominata Riva e un’altra definita Rivalta. La mappa è recente, è del 1894, però…>>. 
“Abbiamo così gli elementi per comporre l’identikit del nostro antico castrum”, conclude Mambelli, “latino o laterini che fosse. Sorgeva sulla sponda del fiume Montone, il corso d’acqua ne garantiva la difesa dal versante est. Gli altri fianchi erano circondati da un fossato fatto dall’uomo e inondato dall’acqua sempre a disposizione. L’ultima resistenza contro i barbari era affidata a un fortilizio, la rocca”.

Il castello di Ladino
Le cronache raccontano che nel IX secolo i Berengari, Signori di Forlì, diedero in dote Ladino ad una loro figlia andata in sposa ad Alloro d’Alfia, capostipite della Famiglia Ordelaffi. Nel 1170 Castel Latino era in possesso di Uberto Petignani, fatto prigioniero nel 1203 dai Faentini nel corso della battaglia coi Forlivesi per il possesso di Castel Leone (Castiglione). A seguito di ciò Castel Latino venne raso al suolo e allora la località prese il nome di “Villa Latini”. Dell’antico castello resta probabilmente un parametro murario accanto alla chiesa e memoria toponomastica nell’attiguo fondo denominato “La Fortezza”, la cui casa colonica fu colpita da un fulmine il 2 novembre 1995, alle ore sette e dodici minuti, che produsse una forte esplosione riducendo l’edificio in un ammasso di macerie. Personalmente fui avvertito, in quanto allora esercitavo le funzioni di amministratore del Comune di Forlì, quasi in tempo reale di quanto era accaduto. Quando arrivai sul posto trovai il proprietario, fra l’altro un amico, afflitto e desolato di fronte alla casa distrutta e nel contempo sollevato perché, essendo già uscito per raggiungere il posto di lavoro, al momento della deflagrazione i locali erano vuoti. Successivamente l’edificio è stato ricostruito ed attualmente è abitato dalla stessa famiglia.

Nel prossimo testo verrà descritto il complesso parrocchiale di Ladino. 

Gabriele Zelli 

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Marco Viroli

Marco Viroli è nato a Forlì il 19 settembre 1961. Scrittore, poeta, giornalista pubblicista, copywriter, organizzatore di eventi, laureato in Economia e Commercio, nel suo curriculum vanta una pluriennale esperienza di direzione artistica e organizzazione di mostre d’arte, reading, concerti, spettacoli, incontri con l’autore, ecc., per conto di imprese ed enti pubblici. Dal 2006 al 2008 ha curato le rassegne “Autori sotto la torre” e “Autori sotto le stelle” e, a cavallo tra il 2009 e il 2010, si è occupato di pubbliche relazioni per la Fondazione “Dino Zoli” di arte contemporanea. Tra il 2010 e il 2014 ha collaborato con “Cervia la spiaggia ama il libro” (la più antica manifestazione di presentazioni librarie in Italia) e con “Forlì nel Cuore”, promotrice degli eventi che si svolgono nel centro della città romagnola. Dal 2004 è scrittore e editor per la casa editrice «Il Ponte Vecchio» di Cesena. Autore di numerose prefazioni, dal 2010 cura la rubrica settimanale “mentelocale” sul free press settimanale «Diogene», di cui, dal 2013, è anche direttore responsabile. Nel 2013 e nel 2014, ha seguito come ufficio stampa le campagne elettorali di Gabriele Zelli e Davide Drei, divenuti poi rispettivamente sindaci di Dovadola (FC) e Forlì. Nel 2019 ha supportato come ufficio stampa la campagna elettorale di Paola Casara, candidata della lista civica “Forlì cambia” al Consiglio comunale di Forlì, centrando anche in questo caso l’obiettivo. Dal 2014 al 2019 è stato addetto stampa di alcune squadre di volley femminile romagnole (Forlì e Ravenna) che hanno militato nei campionati di A1, A2 e B. Come copywriter freelance ha collaborato con alcune importanti aziende locali e nazionali. Dal 2013 al 2016 è stato consulente di PubliOne, agenzia di comunicazione integrata, e ha collaborato con altre agenzie di comunicazione del territorio. Dal 2016 al 2017 è stato consulente di MCA Events di Milano e dal 2017 al 2020 ha collaborato con la catena Librerie.Coop come consulente Ufficio Stampa ed Eventi. Dal 2016 al 2020 è stato fondatore e vicepresidente dell’associazione culturale Direzione21 che organizza la manifestazione “Dante. Tòta la Cumégia”, volta a valorizzare Forlì come città dantesca e che culmina ogni anno con la lettura pubblica integrale della Divina Commedia. Da settembre 2019 a dicembre 2020 è stato fondatore e presidente dell’associazione culturale “Amici dei Musei San Domenico e dei monumenti e musei civici di Forlì”. Da dicembre 2020 è direttore artistico della Fabbrica delle Candele, centro polifunzionale della creatività del Settore delle Politiche Giovanili del Comune di Forlì. PRINCIPALI PUBBLICAZIONI Nel 2003 ha pubblicato la prima raccolta di versi, Se incontrassi oggi l’amore. Per «Il Ponte Vecchio» ha dato alle stampe Il mio amore è un’isola (2004), Nessun motivo per essere felice (foto di N. Conti, 2007) e "Canzoni d'amore e di funambolismo (2021). Suoi versi sono apparsi su numerose antologie, tra cui quelle dedicate ai Poeti romagnoli di oggi e… («Il Ponte Vecchio», 2005, 2007, 2009, 2011, 2013), Sguardi dall’India (Almanacco, 2005) e Senza Fiato e Senza Fiato 2 (Fara, 2008 e 2010). I suoi libri di maggior successo sono i saggi storici pubblicati con «Il Ponte Vecchio»: Caterina Sforza. Leonessa di Romagna (2008), Signore di Romagna. Le altre leonesse (2010), I Bentivoglio. Signori di Bologna (2011), La Rocca di Ravaldino in Forlì (2012). Nel 2012 è iniziato il sodalizio con Gabriele Zelli con il quale ha pubblicato: Forlì. Guida alla città (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2012), Personaggi di Forlì. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2013), Terra del Sole. Guida alla città fortezza medicea (foto di F. Casadei, Diogene Books, 2014), I giorni che sconvolsero Forlì («Il Ponte Vecchio», 2014), Personaggi di Forlì II. Uomini e donne tra Otto e Novecento («Il Ponte Vecchio», 2015), Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna («Il Ponte Vecchio», 2016), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna volume 2 («Il Ponte Vecchio», 2017); L’Oratorio di San Sebastiano. Gioiello del Rinascimento forlivese (Tip. Valbonesi, 2017), Fatti e misfatti a Forlì e in Romagna, vol. 3 («Il Ponte Vecchio», 2018). Nel 2014, insieme a Sergio Spada e Mario Proli, ha pubblicato per «Il Ponte Vecchio» il volume Storia di Forlì. Dalla Preistoria all’anno Duemila. Nel 2017, con Castellari C., Novara P., Orioli M., Turchini A., ha dato alle stampe La Romagna dei castelli e delle rocche («Il Ponte Vecchio»). Nel 2018 ha pubblicato, con Marco Vallicelli e Gabriele Zelli., Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol.1 (Ass. Cult. Antica Pieve), cui ha fatto seguito, con gli stessi coautori, Antiche pievi. A spasso per la Romagna, vol. 2-3-4 (Ass. Cult. Antica Pieve). Nel 2019, ha pubblicato con Flavia Bugani e Gabriele Zelli Forlì e il Risorgimento. Itinerari attraverso la città, foto di Giorgio Liverani,(Edit Sapim, 2019). Sempre nel 2019 ha pubblicato a doppia firma con Gabriele Zelli Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna volume 4 («Il Ponte Vecchio») e Forlì. Guida al cuore della città (foto di F. Casadei, Diogene Books). Con Gabriele Zelli ha inoltre dato alle stampe: La grande nevicata del 2012 (2013), Sulle tracce di Dante a Forlì (2020), in collaborazione con Foto Cine Club Forlì, Itinerario dantesco nella Valle dell’Acquacheta (2021), foto di Dervis Castellucci e Tiziana Catani, e I luoghi di Paolo e Francesca nel Forlivese (2021), foto di D. Castellucci e T. Batani. È inoltre autore delle monografie industriali: Caffo. 1915-2015. Un secolo di passione (Mondadori Electa, 2016) e Bronchi. La famiglia e un secolo di passione imprenditoriale (Ponte Vecchio, 2016). 

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