Turismo e agricoltura, cosa cambia con la guerra in Ucraina

Nuove strategie nei campi e in Riviera torna l'incertezza

CESENA. La guerra in Ucraina comincia a incidere in modo significativo anche nel nostro mondo produttivo. Un po’ tutti i settori sono chiamati ad interrogarsi sulle strategie da adottare nel breve e medio periodo. Ma ce ne sono soprattutto due, turismo e agricoltura, e sono quelli che da sempre trainano la nostra economia. 

Per il turismo l’estate 2022 doveva essere quello del definitivo rilancio dopo due anni di Covid. Invece ora tutto avvolto nel mistero. A causa della guerra mancherà la fetta di turisti provenienti dalla Russia. Non sono gli oligarchi, ma la nuova classe media che ha una buona capacità di spesa e non la centellina. La perdita inoltre si somma alla ridotta disponibilità finanziaria degli italiani causata dall’aumento dei prezzi. 

Se il comparto turistico è in attesa di risposte, quello agricolo si sta riposizionando. Il Sole 24ore di di oggi scrive che la fotografia dei campi dell’ Emilia Romagna quest’ anno rischia di cambiare: meno frutteti, pomodori, fagiolini e borlotti e invece più mais, soia, girasoli e sorgo.

Le decisioni dovranno essere prese adesso in quanto questi sono giorni di decisioni sulla semina. Mais, girasole e soia sono prodotti più facili da coltivare, perché richiedono meno cura, nessun concime, si seminano e si raccolgono quando si vuole, non secondo una programmazione rigida come quella del pomodoro. Inoltre c’è una spinta che arriva dal prezzo: il mais ha raggiunto il record italiano dei 400 euro alla tonnellata.

Ma anche la soia potrebbe garantire un ritorno interessante in quanto potrebbe aumentare la domanda perché anche l’ Argentina, primo esportatore mondiale, ha deciso di bloccarne le vendite all’ estero.

Secondo Il Sole 24Ore il rischio di abbandonare i pomodori è reso ancora più concreto dal fatto che, dopo dieci incontri fra produttori e industrie, ancora non è stato chiuso l’accordo sul prezzo per la campagna Nord Italia 2022. Gli agricoltori chiedono 110 euro alla tonnellata  per fronteggiare l’aumento dei costi dell’energia e dei fertilizzanti, le imprese sono partite da  92 ma sono ferme 100. La Spagna, nostro concorrente, ha chiuso un mese fa con i contadini che si sono portati a casa un aumento del 25 per cento. 

Questo post è stato letto 66 volte

Avatar photo

Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *