Quanto è bella la normalità

Ma facciamo troppo poco per garantircela

CESENA. La vita da proprietario terriero mi si addice. Mi rende felice starmene seduto davanti al focolare con i bambini e con la mia brava moglie, andare in chiesa la domenica e servire al concistoro. E’ un passaggio, non l’unico, del libro “Guerra senza confini” di Kate Moss, nel quale uno dei personaggi (nell’altro è la protagonista a farlo) dice di preferire la vita di provincia a quella di Parigi. In entrambi i casi emerge che si sono costruiti una sorta di comfort zone nella quale si sentono realizzati. Ed è l’obiettivo che ognuno dovrebbe perseguire. Discorso che vale soprattutto per il tempo libero.

Proviamo a fare chiarezza. La comfort zone è una condizione mentale nella quale una persona prova un senso di familiarità, si sente a suo agio e nel pieno controllo della situazione, senza alcuna forma di stress e ansia. E’ una situazione che non si addice al sistema produttivo dove serve cercare di superare i propri limiti e punti deboli per evitare prestazioni piatte. Insomma, bisogna mettersi in gioco. Uscire dal perimetro della comfort zone è in gran parte dei casi positivo. Facendolo possiamo apprendere nuove abilità, nuove abitudini, migliorare le nostre prestazioni, trovare il coraggio di cambiare una realtà che non vogliamo.

Occhio però, non dobbiamo per forza sempre spingere per superare i nostri limiti. Abbiamo bisogno anche di stare nell’agio, di sentirci al sicuro e protetti. Ogni tanto abbiamo bisogno di tornare a casa restando nel perimetro di “sicurezza”. Quando si è nel privato non ha senso uscire dalla nostra tana rassicurante soprattutto se lo facciamo per una forma di esibizionismo. E spesso l’apparenza conta più di ogni altra cosa. Lo facciamo ostentando la vita che vorremmo, enfatizzando all’estremo livello il poco che possediamo. E magari pensiamo che è questa la strada da percorrere per sentirci davvero felici: dimostrare che la nostra vita è perfetta. E i social network hanno moltiplicato all’ennesima potenza questo aspetto. 

Invece vivere e mostrare la nostra vita per quella che è veramente aiuterebbe a migliorare il rapporto con noi stessi e faciliterebbe la conoscenza del nostro carattere e le relazioni con gli altri. Poi si scoprirebbe la parte buona dei social. Ma, soprattutto, ci si renderebbe conto di quanto sia bella la normalità.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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