Lorenzo Lunati. Volevo solo suonare e disegnare.

Intervista allo scenografo del villaggio di Babbo Natale di Formì

A sette anni si costruisce la sua prima batteria con i fustini del Dash e crea il suo primo gruppo gli Alexjus. Una passione che è stata anche un lavoro per un bel po’ di anni (vi ricordate i Rats? Lorenzo, in arte Lor, era il batterista). E poi c’era la matita e i colori, quelli con cui disegnava. Lorenzo Lunati è la quintessenza della creatività vitale, quella che, da alcuni anni, mette nelle proprie creazioni, su commissione oppure installazioni di libertà espressiva, spazi di riflessione. Esplorazione pura e senza limiti, se non il pensiero da donare a tutti quelli che entrano in relazione con la sua arte, nel bene e nel male. Un punto di vista mai scontato ma, proprio per questo, capace di far discutere e anche di spostare la visione verso altri universi.

Come quelli che si palesano ogni anno nella piazza XX Settembre, in centro a Modena.

Lorenzo, cosa unisce il cielo al cuore?

Sono i due temi che ho sviluppato nella mostra omonima. Entrambi contengono l’immenso, per questo sono in sintonia tra di loro. In fondo, il cielo è uno spazio enorme e anche il cuore lo è. Sono due immensi che viaggiano insieme, condividendo un infinito. C’è un’opera in mostra che si chiama la notte di San Lorenzo, una stella di due metri che è caduta e si è piantata per terra, ed è rivolta a sud, il suo obiettivo è quello di portare fortuna e di fare sì che i desideri delle persone possano avverarsi. Un’ispirazione che mi è arrivata guardando il cielo. Io dirigo un’azienda che fa belle cose, però nascono da esigenze di altri. Ma io ho bisogno di dire e di esprimere cose mie, e quando capita cerco uno spazio in cui poter iniziare un dialogo.

Come riesci a mantenere in equilibrio la tua parte artistica personale e quella dedicata alle creazioni per i clienti?

Devo il mio equilibrio ai miei collaboratori, che hanno un ruolo importante perché il loro contributo mi aiuta a tenere separate le due cose. E poi ho mia moglie, pilastro fondamentale, che da qualche anno si occupa della parte amministrativa e mi aiuta a concentrarmi solo sulla parte creativa. La mia è una sorta di doppia vita: prima nasco come direttore della Lunati Scenografie e poi come Lorenzo Lunati. Lorenzo viaggia in una dimensione parallela e poi cattura le ispirazioni facendone espressioni e pensieri su cui riflettere. Non c’è un vero e proprio metodo.

Dove finiscono le installazioni che tu crei dopo essere state esposte?

Dipende, in questo caso alcune sono state vendute, altre invece sono nel laboratorio della mia azienda. Esattamente come le varie installazioni che ho realizzato negli ultimi cinque anni e che ho esposto in piazza a Modena.

Dal carro amato polemico al disegno del villaggio di Babbo Natale di Formì. Da cosa sei partito per immaginarlo?

Il mio Carro A(r)mato è un messaggio di pace, la R è quella della rabbia che acceca, volutamente isolata nella parola. Ma basta un gettone e il cuore luminoso e amorevole di Babbo Natale si accende e spara amore. Ci sono tanti bambini che non hanno potuto vivere questo Natale come si meriterebbero. E i regali che ho sistemato sul carro, sono proprio per loro. Sapevo che questo messaggio sarebbe stato scomodo e avrebbe suscitato un mare di polemiche, perché l’ambiguità è qualcosa che l’arte deve avere. Ma non mi aspettavo che gli attacchi più forti sarebbero arrivati dai pacifisti: un’opera d’arte che non ti piace, non ti piace e basta, non trovo ci sia la necessità di vandalizzarla, a maggior ragione se sei un pacifista. D’altro canto, ho ricevuto tante attestazioni di apprezzamento, come per il Babbo natale Ballerino. Per quello mi sono ispirato a mia figlia che fa danza classica e stava aspettando le sue prime punte proprio durante la pandemia. Non aveva altro modo di provarle se non volteggiando nel salotto, mi ha fatto pensare alla leggerezza. Anche il Babbo Ballerino funziona a gettone. Mi hanno accusato di averlo devirilizzato e invece so che alcuni bambini hanno chiesto spiegazioni ai genitori e, così facendo, li hanno responsabilizzati. È il potere dell’arte, quello di far ragionare.

Passando al lavoro di Formì, collaboro con Andrea Prada da tempo e ci conosciamo. Abbiamo pensato al villaggio proprio lì perché c’era un parcheggio e ci è venuta l’idea di creare uno spazio con tanti personaggi, non necessariamente solo Babbo Natale. Lì abbiamo sistemato anche Baci e Abbracci, un’opera con degli yeti pelosi che sono un po’ spaventosi ma quando li abbracci si illuminano ed emettono un suono.

Sui lavori per commissione non sempre ricevo degli input, a volte mi danno carta bianca e insieme si crea la scenografia anche sulla base dei materiali, c’è bisogno di molta esperienza tecnica. Per questo siamo diventati conosciuti, perché realizziamo tutto ciò che è impossibile fare; quindi, non ho mai detto un NO ad un progetto.

Le mani sono il tuo strumento, come si passa da una sezione ritmica ad un pennarello?

Direi che è stata la disperazione, ho suonato la batteria dall’89 al 2000. Suonavo e non lavoravo, era una cosa bellissima ma poi ci siamo sciolti e quindi sono stato costretto a cercarmi un lavoro.

Lorenzo Lunati – RATS dal Vivo Unipol Arena, 12. Nov.2023 – Beered Festival
Foto Nino Saetti © 2023 dal profilo Facebook di Lorenzo Lunati e dei Rats

Sono andato a bussare alla porta dell’unica azienda in cui avevo lavorato prima di suonare, faceva delle giostrine. Purtroppo, loro non avevano bisogno, ma mi hanno mandato in un’altra azienda che lavorava la vetroresina e da lì mi sono avvicinato a questo settore: io a loro ho dato la mia creatività, disegnavo e loro realizzavano creazioni con questo materiale. Lì mi sono fatto anche tanta esperienza e ho acquisito tutta quella conoscenza tecnica che poi mi è servita dopo. Un’avventura durata tre anni, fino a quando il proprietario dell’azienda ha deciso di chiudere e mi ha detto: “apri una nuova realtà tu”. Andai in banca con tutto il coraggio che avevo, chiesi e ottenni un finanziamento per acquistare alcuni strumenti di lavoro e affittai un capannone. Feci la mia prima Biancaneve e da quel momento non ho più smesso. Non solo parchi tematici, ma anche tanta moda e le vetrine di grandi ed importanti magazzini, anche all’estero.

Come hai gestito il passaggio di vita da una attività all’altra?

Quando il gruppo si sciolse capii che non c’era più futuro, non volevo fare il tournista con l’angoscia di restare in bilico senza lavoro tra una tourné e l’altra. Volevo qualcosa di mio. Io da piccolo volevo suonare e disegnare e ho fatto entrambe le cose. I Rats esistono ancora e a volte facciamo ancora dei concerti, ci divertiamo, senza pressione. Sono felice. Se non avessi fatto questo lavoro, forse avrei fatto lo spazzino: mi piace mettere a posto, togliere, fare spazio e questo mi rilassa.

Ho letto in una tua intervista che da cinque anni popoli alcuni spazi messi a disposizione dal comune di Modena, in modo completamente gratuito. È una questione di principio, un gesto rivoluzionario, oppure sarebbe più rivoluzionario essere pagati e poi destinare il compenso liberamente a chi si vuole?

Mi dai l’occasione per fare chiarezza ancora una volta. Le mie installazioni sono assolutamente gratuite, non vengo retribuito in nessun modo ed è tutto a spese mie. La piazza XX Settembre è la più bella di Modena, ma per tutto l’anno è un deserto e si popola grazie alle mie opere. Dopo alcuni anni, si è creata una sorta di aspettativa: cosa si inventerà Lorenzo? Quest’anno non avevo in mente niente e non volevo fare niente. Continuavo a vedere le immagini dei bombardamenti su Gaza e poi ho pensato che forse qualcosa potevo fare. Ed è da lì che ho cominciato a pensare. Ci sono tanti altri conflitti che non conosciamo e per questo ho scelto le bandiere di tutto il mondo perché le vittime sono tutte uguali, un bambino è un bambino. Se si vuole parlare di pace, bisogna spiegarla prima di tutto a loro. Mi ha fatto piacere ricevere la mail di una insegnante che ha organizzato delle lezioni intere parlando di pace, proprio partendo dalla mia opera. Lavorare gratuitamente sarebbe la vera rivoluzione. Se pensi al fatto di avere la possibilità di creare senza nessun vincolo e poi concedere al mondo ciò che crei, che è poi ciò che faccio io a Modena.

Cosa vuoi fare da grande?

Ho un sacco di idee in testa che voglio realizzare e far vedere in Italia e all’estero. Le mie opere non hanno ancora varcato i confini italiani, un obiettivo che mi sono dato per il 2024.

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