Il mare ha gli occhi chiusi

Riflessioni di Jacopo Rinaldini

CESENA. L’esodo fra Marocco e Spagna e tutto quello che ha comportato ha portato ad una profonda riflessione da parte di Jacopo Rinaldini. 

Ceuta è una scheggia che produce dolore, infilata assai in profondità nel tessuto di una Europa in bilico, afasica, la quale, nonostante tutto, va mantenuta unita al costo di qualsiasi sacrificio. Osservo l’istantanea di una Europa che ha appena due mesi, bagnata fradicia e cianotica. 

Indossa una tuta a righe, una berretta schiacciata sulla testolina, il volto segnato dalle lacrime e dalla pioggia incessante. A dispetto di ciò, intende sopravvivere e resistere alla barbarie dei confini, al berciare sordo di coloro i quali filtrano il loro “micro-mondo” attraverso le lenti della rabbia malriposta, del livore e della frustrazione. 

La mia Europa è tenuta in alto dalle braccia dell’agente della “Guardia Civil” ed è racchiusa nel grido, risuonato a Ceuta qualche giorno fa, <<E’ vivo! E’ vivo!>> 

La eco di quelle parole è la cartina di tornasole della nostra moralità. E’ il singulto della vita che riprende e trionfa, è la sacralità della vita stessa che s’impone, è l’anello che congiunge madre e figlio. 

Osservate la fotografia: immaginate i vostri vestiti fradici, incollati alla pelle, che quasi vi stritolano. 

Sento freddo, brividi che mi formicolano all’altezza delle tempie e tagliano di netto i miei nervi: quel bambino potrebbe essere Emma, mia figlia, travolta dai flutti, il viso bianchissimo, la testa, troppo pesante, poggiata al petto minuto che si agita convulso. E’ una immagine violenta e alla violenza, sovente, si reagisce con violenza, la quale, però, non è esercitata verso gli altri, bensì contro noi stessi, visto che ci maceriamo, vittime di un senso di inadeguatezza, sotto al peso della pietra dello sconforto. 

I morsi dell’impotenza sono dolorosi a tal punto da far sanguinare l’anima; eppure, ne sono convinto, il piccolo uomo di Ceuta, il quale ha appena imboccato il lungo sentiero di quella meravigliosa giostra che è la vita, e della vita stessa ha dimostrato di essere il padrone, sopravvivendo, è la scintilla in grado di accendere il fuoco dell’impegno civile, della pertinacia della forza morale, del rigore esercitato dalla consapevolezza di combattere dalla parte giusta: la sua. 

Il mondo non è di quelli con la cravatta, con il completo impeccabile su cui, in tutta onestà, verrebbe voglia di scagliare una manciata di sterco; il mondo è di chi non è intrappolato nelle gabbie lasciate sempre spalancate da chi ha come proposito quello di isolare gli uomini e le donne che calcano il suolo di questa santissima terra. Il mondo appartiene a chi ha pianto dinanzi a quella fotografia, a coloro i quali hanno serrato i denti all’idea della madre stremata, la quale, priva di energie, si lascia sovrastare dalle fredde onde d’un mare dagli occhi chiusi. 

Il mondo è tra le mani di chi sta a guardia di tutti quei valori per cui vale la pena perdere anche l’ultimo frammento di cuore. 

E’ una buona occasione per rimarcare la propria diversità, il proprio essere uomini consci del fatto di essere legati l’uno all’altro in equilibrio tra fessure che viaggiano in mezzo a baratri foschi e senza fondo. 

La cartina dell’Europa è impressa sulla tuta di un bambino tenuto in alto a guisa d’un feticcio pagano, protettore di chi scappa da una terra lontana. I migranti hanno bisogno di qualcuno che li protegga, oltre che delle stelle per orientarsi e tutti noi di qualcuno che, tramite l’impeto della propria fragilità, ci liberi dal torpore, dalla pigrizia e ci scagli in mezzo alla mischia per lottare uniti, stretti, compatti contro ciò che è corrotto, disonesto, sporco: facciamo ciò che è giusto, non quello che ci conviene. 

Su un quotidiano mi sono imbattuto in una notizia, letta di recente, che mi ha scandalizzato: vengono venduti, al prezzo di milioni di dollari (sempre quest’America…), lotti di terreni che si trovano niente meno che sulla luna e che, soprattutto, nessuno degli acquirenti sfrutterà mai. La domanda che pongo a me stesso e a chi ha la pazienza di leggere queste poche righe è la seguente: quanto costa salvare una vita? Al prezzo di un singolo lotto lunare, pare una barzelletta, quanti bambini si possono sfamare? 

Jacopo Rinaldini

L’indignazione è sana e tutti quelli che hanno ancora la sensibilità necessaria per indignarsi saranno salvi, un giorno, perché chi rifiuta l’ordine attuale delle cose esistenti non è, e non sarà, complice. 

Oggi, la preghiera che rivolgo al cielo è fatta di due parole: <<E’ vivo! E’ vivo!>> . 

Ripetendola, mi pare di veder germogliare dalle acque del mare di Ceuta il fiore di un nuovo Umanesimo, profumatissimo, il quale rivestirà i giardini di un futuro prossimo. La sua fragranza è il profumo della speranza. 

A mia figlia e ai miei nipoti, ché un giorno dovranno decidere che donne e uomini saranno, da quale parte stare.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.