Perché no?

Domanda frequente. Di solito prevale l'aspetto conservativo, ma attenzione alla declinazione

CESENA. Perché no? E’ una delle domande che, nel corso della vita, ci poniamo con maggiore frequenza. Però attenzione, l’utilizzo di questo avverbio è importante quando non è una domanda retorica usata per esprimere approvazione riguardo a quanto affermato, suggerito o proposto in precedenza da altri: “vuoi venire a cena da me?

Ma diventa un quesito importante quando si è di fronte a scelte strategiche. Quelle alla quali non è semplice dare una risposta affermativa perché significherebbe fare dei cambiamenti, in alcuni casi anche radicali. E’ una scelta facile da fare quando la prospettiva è rosea. A quel punto non è necessario il “perché no?”. La domanda invece è inevitabile quando le prospettive future sono molto più incerte se non addirittura nebulose.

In quest’ultimo caso non è facile decidere. Perché è vero che chi non risica non rosica, ma è altrettanto vero che è molto più comodo cercare solo la lenta tranquillità di ogni aurora e ogni giorno. L’impressione è che la scelta conservativa sia di gran lunga predominante. E’ nella natura dell’uomo anche se c’è una straordinaria rapidità con la quale ci si può abituare all’impensabile dopo che si è superato il primo orrore.

Scegliendo il mantenimento dello status quo bisogna (o bisognerebbe) però cercare di tutelare la coerenza. Perché il vero pericolo è proprio quello di accettare passivamente le decisioni. In poche parole trasformarsi in uno yes man, figura non solo inutile, ma addirittura nociva. Non è vero che il sì porta sempre qualcosa di buono, come afferma Carl Allen (interpretato da Jim Carrey) nel film “Yes Man”.

Il tutto per una serie di motivi. Innanzitutto difendere le proprie convinzioni non potrà essere penalizzante se il proprio pensiero lo si articola in modo educato, ma soprattutto evitando posizioni precostituite. In questo modo si può garantire un valore aggiunto. Perciò chi si mostra propositivo è destinato a guadagnare credibilità. Perché il vero leader è quello che non alza mai la voce (sintomo di debolezza) e si circonda di persone capaci, fondamentali per arricchire il dibattito. 

Ci sono anche quelli che invece gradiscono attorniarsi di yes man. Ma bisogna diffidare di queste figure. Sono persone di poca personalità, pieni di ego e leader modesti. Perché è risaputo che solo una struttura che può fare affidamento sulla personalità di risorse  abituate a ragionare in autonomia può sperare di superare ogni avversità trovando le giuste soluzioni a problemi complessi che possono sorgere.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.