Il nuovo marketing passa da Twitter: videomaking in 140 caratteri

Chi non sa che cos’è “Vine” alzi la mano. Ed esca da questo sito.

“Vine” è una delle novità 2.0 più importanti dell’anno, e poco importa se siamo appena a marzo. Si tratta di una piattaforma di video-sharing, disponibile per ora come app per iPhone e iPod Touch, che permette attraverso un’applicazione gratuita di registrare mini clip di 6 secondi formati da una o più sequenze, senza alcun tipo di editing o postproduzione. È un po’ il meccanismo che sta alla base delle gif animate, ma portate ad un livello superiore.

Ma facciamo un passo indietro, in modo da capire come vanno le cose in Italia e perché Vine sembra essere una grande opportunità per il marketing digitale.

I dati dell’ultima indagine Audiweb php ci dicono che in Italia la killer application è il video. Tanto per capirci, le pagine web delle principali testate che trasmettono servizi video generano più audience rispetto ai nuovi canali tematici del digitale terrestre. I video all’interno di siti di informazione permettono infatti di attirare molti più utenti e per un periodo più lungo.

Lo scorso autunno Jack Dorsey, padre di Twitter, ha comprato Vine (così come Zuckemberg aveva comprato Instagram) perché ha capito che questa modalità di video-comunicazione, così veloce e così efficace nel contesto “social”, è ben recepita dagli utenti e può rivelarsi utile anche per le aziende che vogliono comunicare in modo nuovo i propri brand.

vine-logo

Oggi molti marchi della moda hanno iniziato a postare video su Vine per anticipare i capi delle nuove collezioni, per i retroscena nella creazione di una sfilata o di uno shooting, o creare piccoli spot.

L’obiettivo di queste comunicazioni è di rafforzare il legame brand-consumer rendendo più intima l’esperienza con il marchio e, al contempo, utilizzare in modo intelligente i social media, per creare attività di crowdsourcing (ad esempio creando contest), invogliando gli utenti a partecipare attivamente alla creazione di una sorta di campagna pubblicitaria. L’unico aspetto negativo riguarda il rischio che l’utilizzo massiccio di queste forme di fast-content facciano perdere di magia e autorevolezza i brand più blasonati.

Quel che è certo è che stiamo assistendo all’abbattimento di una barriera che ha fatto la fortuna e ha caratterizzato i limiti di Twitter. La possibilità di integrare i 140 caratteri con materiale video permette al social cinguettante di colmare, almeno in parte, il gap con Facebook, senza per questo snaturasi. Si aprono dunque nuovi spazi per la creatività, seguendo la tendenza postmoderna di velocizzare tutto.

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