Il difficile mondo dei social network: un minuto di silenzio per chi non ce l’ha fatta

Socializzare è cosa buona e giusta. È negli incontri con gli altri che costruiamo noi stessi e la nostra visione del mondo.

L’identità dell’interlocutore, non è mai stata così importante. Il nome va memorizzato e possibilmente integrato con informazioni quali la data di nascita e il domicilio. Per facilitare la ricerca su Facebook.

Lo stalking sui social network è ormai una pratica talmente familiare che viene quasi da chiedersi cosa ce ne facessimo, prima, del nome. Prima di Facebook.

Non mi perderò in digressioni su come fosse la vita prima dei social, e come sarebbe stata senza. Vorrei invece spendere due parole per tutti quegli esperimenti andati a vuoto e di cui non sentiamo la mancanza. Piattaforme che ambivano a diventare punti di riferimento della vita sociale del web, scomparse senza lasciare traccia.

I flop del web si dividono in tre categorie: le vecchie glorie (cui, per sopraggiunti limiti d’età abbiamo detto addio), le meteore (di cui si ricorda quell’unica sfolgorante stagione) e le promesse non mantenute (buone idee, ma difficili da gestire).

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Una menzione speciale va anche a “Delicious” e “Digg”, due aggregatori di notizie nati rispettivamente nel 2003 e nel 2004, soppiantati dall’arrivo di “Twitter” e “Facebook”.

Le “Meteore” sono un discorso a parte. Come dei Jim Morrison digitali hanno preferito bruciare, anziché spegnersi lentamente. Ricordiamo quindi “Diaspora”, un software libero nato con l’ambizione di liberarci dalla tirannia di Facebook. L’idea è naufragata ben presto perché troppo complicata per l’utente medio. E forse anche per la disinvoltura con cui erano gestiti i dati personali.

Destino simile ha caratterizzato anche Eons, social network  pensato per gli over 50, e Xanga, veterano delle piattaforme per blog (è nato nel 1998), surclassato da Blogger, Tumblr e WordPress.

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Chiudiamo quindi con le “Promesse non mantenute”, partendo da “iTunes Ping”, prodotto Apple. L’idea alla base non era male (si trattava di un social network musicale), ma si è rivelato un flop perché l’ambiente che offriva era troppo chiuso, elitario e autoreferenziale. Si è spento per morte naturale dopo soli due anni. 

Discorso a parte per “Google+”, che conta già più di 200 milioni di utenti attivi, ma dovrà sudare sangue per arrivare ad impensierire “Facebook” e il suo miliardo di iscritti. Il grande handicap che divide i due social network è dovuto al pessimo tempismo di Google, che ha lanciato la sua creatura con anni di ritardo, quando ormai Facebook era un colosso, risultandone quindi una pallida controfigura.  

A tutti questi illustri scomparsi e a tutti quelli che ho dimenticato, dedichiamo un minuto di silenzio

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