Cariromagna, la lettera al Carlino di un piccolo azionista che non riesce a vendere le azioni

Sono un piccolissimo azionista di Cariromagna e con la mia famiglia cliente della banca da mezzo secolo, fatto di fiducia, reciproca stima e correttezza. I pochi titoli posseduti, sottoscritti insieme con mia moglie, rappresentano sacrifici e rinunce di una vita di lavoro. Dopo alcuni anni di mancati dividendi, verso la fine del 2012, mi recai presso la filiale di Castrocaro per chiederne la vendita, ma venni convinto che comunque si trattava di un buon investimento, opportuno da mantenere. Io, che avevo sempre creduto nella mia banca, non ebbi alcuna esitazione in proposito. Poi arrivò il terzo rendiconto titoli del 2013 che riportava il deprezzamento del 30% del valore delle quote, operato silenziosamente e improvvisamente il 1° agosto 2013. Valutando ampiamente disattese, per metodo e sostanza, la correttezza e la natura consolidate nel tempo, del rapporto esistente, il 4 novembre 2013 chiesi formalmente alla filiale di Castrocaro, la vendita dei titoli, peraltro non ancora avvenuta. DA allora ho richiesto per due volte al responsabile della filiale notizie circa lo stato, ottenendo delle penose e nebulose considerazioni generiche ed evasive, incentrate sul fatto che la banca non ha alcun tipo di obbligo con me in questa materia. Mi è sembrato di intendere che la restituzione del mio denaro dipende esclusivamente da decisioni che il consiglio di amministrazione prende, ma non ho capito quando e con quali criteri. Vorrei conoscerli, visto che da anni la banca trattiene gratis il mio denaro, con mio grave danno e suo esclusivo vantaggio. Alla mia età di 84 anni, il reddito unico di cui dispongo è costituito dalla pensione, per cui la dignità alla quale sono abituato dipende solo dal fatto che io possa disporre subito di quel che resta dei miei risparmi. Le conseguenze di un eventuale ulteriore degrado delle condizioni di vita mie e di mia moglie, sono un esclusivo carico morale della banca. Qualche settimana fa, per la terza volta, mi sono recato alla filiale per essere aggiornato sulla situazione, ma ne è uscita la solita litania. Ho chiesto una copia della disposizione di vendita fatta e raccolta il 4 novembre 2013, ma mi è stata negata, perché pare che il rilascio sia vietato dall’ufficio legale. Quindi non posso nemmeno dimostrare di aver richiesto la vendita dei titoli. Ma dove sta il limite del sopruso? Un tempo trovavo nella mia banca delle persone con cui parlare e spero che questa lettera sia considerata da qualcuno che abbia l’autorità di fare qualcosa.
Vladimiro Zaccheroni
(lettera apparsa sul Carlino di Forlì del 28/2/2015)

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