L’importante è aiutarli

“Aiutiamoli a casa loro” è la frase che sentiamo spesso in bocca a chi dice perle come “qui non c’è posto per tutti” che spesso si accompagnano a  “cosa sperano di trovare qui?”, laddove la domanda giusta da fare forse sarebbe: “cosa stanno lasciando là?”. Da cui, appunto “Aiutiamoli a casa loro”. Sta di fatto che però poi spesso accade che ad aiutarli a casa loro ci pensano o ci provano gli stessi che sarebbero disposti ad accoglierli senza remore. È  questo sicuramente il caso di coloro che hanno partecipato alla carovana internazionale che ha visto la partecipazione di militanti, cittadini e anche due parlamentari (tra cui il ravennate Giovanni Paglia di Sel) e che aveva primariamente lo scopo di mettere in luce una contraddizione geopolitica decisamente singolare. La Turchia sta infatti impedendo l’apertura di semplici corridoi umanitari verso Kobane, città curda che lo scorso anno riuscì a resistere per 134 giorni all’assedio delle milizie siriane dell’Isis e che oggi vorrebbe tornare a vivere. Ma senza la possibilità di far arrivare beni di prima necessità è difficile, se non impossibile. Tra le testimonianze di chi è stato in quei luoghi ricorre la certezza che le persone non vorrebbero partire, vorrebbero ricominciare. Chi decide di migrare spesso non ha altra scelta e spesso ha figli piccoli a cui vuole garantire un minimo di sicurezza, istruzione, salute. Ve lo ricordate Aylan? Il bimbo morto nel tentativo di raggiungere un’isola greca fotografato su una spiaggia turca? La sua immagine ha per qualche giorno campeggiato sulle prima pagine dei giornali facendo gridare a tutti “Adesso, Basta”. Ecco, veniva esattamente da Kobane, un territorio semidistrutto dove manca tutto, che ha eroicamente resistito all’avanzata dell’Isis e ora potrebbe non sopravvivere all’indifferenza internazionale. Ecco sì, aiutiamo a casa loro chi in effetti non ci chiede altro.

Federica Angelini

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