Intolleranza quotidiana

Successo della manifestazione di Cesena. In ottocento in piazza del Popolo. Ma è arrivato il momento di fare un passo indietro. Tutti ci dovremmo fare un esame di coscienza. E l'ipocrisia imperversa

L’intolleranza a Cesena è stato il tema dominante della settimana appena conclusa. Era cominciata domenica scorsa con la manifestazione (inscenato un funerale) di Forza Nuova a contorno dell’unione fra due uomini, la seconda avvenuta in città. E si è conclusa al sabato pomeriggio con una riuscita manifestazione in piazza del Popolo dove la civilissima Cesena si è incontrata per dire no a qualsiasi tipo di intolleranza.
Non è la prima volta. Era successo un paio di anni fa quando una folla simile si ritrovò all’ombra di palazzo Albornoz dopo l’attentato terroristico di Parigi nella sede di Charlie Hebdo. Anche allora la manifestazione fu altrettanto partecipata. L’impressione è che questa volta mancasse solo Denis Ugolini. Da qualche mese non è più con noi. Ma sono sicuro che ieri da qualche parte guardava piazza del Popolo e approvava quello che stava succedendo.
Il caso ha voluto che quello che il tema dell’intolleranza omofoba (ma convitato di pietra erano anche i fatti di Borello) successa a Cesena si è intrecciata con un fatto nazionale. Il titolo di Libero, quotidiano diretto da Vittorio Feltri, che ha preso di mira Virginia Raggi, sindaco di Roma. Feltri, rispolverando quello che aveva fatto ai tempi di Berlusconi e del caso Ruby rubacuori, ha titolato “Patata bollente”. Una scelta giudicata sessista e, giustamente, condannata da moltissimi. Ci sono stati autorevoli blog che lo hanno difeso. In effetti Feltri forse ha spinto un po’ troppo. Ma non è una novità. Il suo modo di fare giornalismo (e quindi anche di titolare) è sempre stato quello. In Italia è stato il primo ad introdurre uno stile aggressivo (fin dai tempi dell’Indipendente, giornale che con quei modi risollevò) condito da titoli strillati anche per la politica e con un uso sempre più spinto del doppio senso. Lo faceva molto prima che irrompesse il web e il ciclone Facebook.
Questo non vuol dire che le scelte di Feltri siano giustificate. Quello che stride sono le prese di posizione di chi fino ad ora ha usato gli stessi toni, forse anche più sguaiati, sul web. Anzi, sui social la situazione è peggiore. Li si crea un vero e proprio clima di odio. E chi lo fa per interesse dovrebbe farsi un esamino di coscienza. Poi ci sono le notizie false. Ma quello è un altro tema. Comunque il senso è che non si può essere moralizzatori a corrente alternata. È un capolavoro di ipocrisia. Ma è anche vero che la mamma degli ipocriti e degli opportunisti è sempre incinta. Come quella dei cretini.
Inoltre dobbiamo renderci conto che il limite è stato superato da tempo. Tutti, Feltri compreso, dovremmo fare un passo indietro. Rifacendomi ad un editoriale di Beppe Severgnini, il 27 gennaio ho scritto un pezzo che premette che ormai c’è un’inflazione della volgarità. Il titolo era “Colpire con le parole, non con le parolacce”. Credo che un concetto simile debba essere tenuto sempre in considerazione da tutti. Innanzitutto dai giornalisti, ma non solo. Anzi. Sui social tutti ormai trascendono e lo fanno con cattiveria. E l’asticella tende continuamente ad alzarsi. Al punto tale che il sano vaffa urlato all’avversario nel campo di calcio dell’oratorio ormai è un termine da educande.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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