Gli antibiotici svolgono un ruolo centrale nella gestione delle infezioni.
La sintesi del Salvarsan per la sifilide, nel 1910, lo sviluppo del Prontosil nel 1935, la purificazione della penicillina nella prima metà del ‘900 hanno impostato i paradigmi per la futura ricerca farmaceutica.
Il periodo compreso tra gli anni 50 e 70 del ‘900 ha costituito la “golden era” per la scoperta di nuove classi di antibiotici, che ha consentito di ridurre la mortalità dovuta alle infezioni batteriche.
Nel corso degli anni, molti microorganismi, come i batteri, divenuti resistenti a molti antibiotici si sono ampiamente diffusi determinando un incremento della mortalità e della morbidità, con effetti deleteri anche sui costi sanitari.
L’aumento di organismi resistenti ai farmaci deriva da una moltitudine di fattori. Anche l’utilizzo improprio di antibiotici ha contribuito a far emergere la resistenza ai farmaci. Inoltre, l’uso estensivo degli antibiotici nell’industria animale ha decisamente concorso ad implementare il pericoloso fenomeno dell’antibiotico-resistenza.
L’ampia resistenza agli antibiotici osservata costituisce, oggi, una grave preoccupazione per la salute pubblica.
I meccanismi molecolari con cui si instaura la resistenza verso gli antibiotici includono l’inattivazione enzimatica, la modifica dei target farmaceutici, variazioni della permeabilità cellulare, protezione meccanica attraverso la produzione di un biofilm.
La resistenza agli antibiotici è una delle principali preoccupazioni per la sanità pubblica in tutto il mondo ed è probabile che aumenti con il cambiamento dei profili di resistenza.
Tale fenomeno ha già mostrato ripercussioni sulla salute pubblica, se consideriamo che i decessi dovuti a infezioni prodotte da microbi resistenti superano i 50000 casi solo tra Europa ed USA.
Sono colpite anche altre aree geografiche del globo, con centinaia di migliaia di morti per infezioni da batteri resistenti.
Inoltre, l’antibiotico-resistenza aumenta la degenza ospedaliera, incrementa i tassi di ospedalizzazione ed i costi di trattamento. Dati preliminari fanno presupporre che l’impatto economico di questo evento supererà i 100 trilioni di dollari nel 2050.
Sulla base di queste premesse, è doveroso individuare nuove terapie antibiotiche in grado di contrastare microrganismi patogeni, siano essi batteri, funghi o altre specie.
In vista di questo scopo, la Medicina Tradizionale potrebbe offrire una pletora di nuove possibilità. La Ricerca scientifica ha dimostrato che molte piante medicinali sono in grado di modulare un ventaglio allargato di parametri fisiologici ed al contempo di esercitare azioni antimicrobiche dirette contro numerosi patogeni
Per l’appunto, la Nutraceutica è quella branca della Scienza che si occupa di individuare gli effetti anche di sostanze di origine vegetale e di identificare la relazione esistente tra la composizione chimica degli estratti vegetali (volgarmente detti fitocomplessi) ed il loro profilo di attività biologica.
Nel contesto della lotta ai batteri ed in generale ai microrganismi dannosi per la nostra salute, numerosi estratti vegetali hanno mostrato di esercitare un’azione antimicrobica ed al contempo di stimolare l’immunità attraverso meccanismi d’azione noti.
La Nutraceutica, da un lato, potrebbe consentire di ridurre il dosaggio ed il tempo di somministrazione di terapie antibiotiche, dall’altro costituire un valido elemento di indagine per identificare nuove molecole organiche capaci di contrastare microrganismi pericolosi per la salute pubblica.
Tra le sostanze più promettenti in tal senso, vi sono i flavonoidi, quali quelli estratti dalla Tamarindus indica L., gli alcaloidi come quelli provenienti dalla Aconitum sinchiangense W. T. Wang, i naftochinoni della Tabebuia impetiginosa (Mart. Ex DC.) ed altre classi di principi attivi.
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