Il saluto di Paolo Lucchi al Consiglio comunale nell'ultima seduta della legislatura
Oggi c’è stato l’ultimo Consiglio comunale di questa legislatura. Questo l’intervento di commiato del sindaco.
Cari Consiglieri,
indirizzo a voi un breve saluto, in quanto rappresentanti dei 97.000 cesenati, nell’ultimo Consiglio del nostro comune impegno, dopo il periodo vissuto assieme al servizio della nostra comunità alla quale, con queste parole, mi rivolgo.
Lo faccio non certo per elencare le opere realizzate, le cose belle che sono state fatte o quelle che non sono riuscite come avremmo voluto – temi rispetto ai quali, il Report di mandato 2009-2019 che fra poco vi verrà distribuito, dopo la produzione “in casa” del nostro Centro Stampa, offre molti spunti di riflessione -, quanto piuttosto per rendere merito ai cesenati di averci concesso, assieme, di vivere per dieci anni un’esperienza irripetibile della quale sono orgoglioso, come so lo sarete voi: quella di rappresentare la nostra Cesena.
Ci abbiamo provato congiuntamente, nell’ambito di ruoli pro tempore – quello di Consigliere comunale, di Assessore, di Sindaco – vissuti con spazi di impegno e responsabilità diversi, ma con almeno un punto in comune: la volontà di lasciare la nostra comunità e la nostra città migliori di come le abbiamo trovate.
So bene come su questo ci differenzi un giudizio inevitabilmente espresso sulla base di sensibilità e di collocazioni politiche diverse ma quel che conta, in fondo, è il parere dei cesenati, che tra poche settimane potranno esprimersi non tanto su di noi, ma sulla città del futuro, naturalmente pensando a quella dell’oggi ed alle opportunità che abbiamo di fronte.
Non ricordo gli interventi di commiato dei Sindaci che mi hanno preceduto né ho scelto di cercarne copia. E’ accaduto anche perché, come tutti, ho la consapevolezza di quanto l’esperienza vissuta dal 2009 ad oggi – nel pieno della più grande crisi economica e sociale che le nostre generazioni abbiano dovuto affrontare, dal secondo dopoguerra –, sia stata per questo unica ed originale e mai, come in passato pure è accaduto, vissuta in termini personali.
Anche se ho dato a volte un’impressione diversa, in realtà sono stato – orgogliosamente, convintamente – parte di un gruppo vero, composta dai Consiglieri di maggioranza (ed a volte non solo, poiché su molte scelte strategiche il consenso si è allargato a parte dell’intero Consiglio comunale), dagli Assessori, dai Dirigenti, dai funzionari, dai dipendenti comunali, dai Presidenti di Quartiere e dai loro consiglieri, dai cittadini.
Non ho quindi mai scelto da solo: ho sempre ascoltato, dialogato, prima di arrivare alle soluzioni, inevitabili per chi governa la propria comunità, proprio come anticipava lo slogan della campagna elettorale del 2009.
E, per questo, a differenza di un collega Sindaco forlivese, che sul tema ha pubblicato addirittura un libro, non ho vissuto in solitudine né per 5 né per 10 anni: in realtà mi sono sempre sentito parte di una città che non lascia solo nessuno, neppure il Sindaco, perché è sempre pronta a dare il proprio contributo, quando serve (come il “Nevone del ’12” ha dimostrato concretamente a tutt’Italia) ed a spendersi direttamente, nell’ambito di un pensiero collettivo.
Certo, anche Cesena, come tutto il Paese, è stata colpita da una doppia sindrome: quella che viene definita “Nimby” (not in my back yard), che porta a ritenerci personalmente immuni dal bisogno di cambiamento che invece invochiamo per gli altri e quella che vede prevalere una cattiveria diffusa che non ci è propria e che molti di noi, per questo, forse neppure riescono a distinguere con la chiarezza che servirebbe.
Lascio ai sociologi il giudizio su ciò che ci è accaduto, ma considero la nostra comunità ancora dotata di anticorpi ed in grado quindi di vincerla, questa doppia sindrome negativa: ce l’hanno dimostrato i ragazzi cesenati del “Friday for future”; ce lo dimostra ogni giorno il mondo del volontariato, quello della rappresentanza delle imprese e dei lavoratori.
Non sempre, invece, lo sta dimostrando quello della politica, soprattutto quando tende ad un’attenzione spasmodica alle risposte immediate – sottovalutando quelle di prospettiva -, oppure quando dimentica il rispetto per le persone, pur di aggiungere una battuta ad effetto, valida per un tweet ed un post, ma della quale spesso si è costretti a scusarsi quando ci si trova di fronte, in carne ed ossa, la vittima della stessa.
La doppia sindrome ha causato alcuni effetti visibili. Di questi, il primo, il più devastante a mio parere, è l’incertezza delle prospettive.
Infatti, in questi anni le ombre che hanno offuscato ed offuscano l’orizzonte economico, si sono allungate nello spazio sociale e civile della collettività. E si sono allungate anche nei Comuni, i luoghi della rappresentanza civile e politica che, più di qualsiasi altro ente, avvicinano i cittadini alle Istituzioni.
Consapevoli di questo, negli anni abbiamo provato, come Giunta e come Amministrazione comunale, a stare vicino ai cesenati. Ci abbiamo provato ogni giorno grazie all’impegno costante, del quale li ringrazio ora e li ringrazierò per sempre, di Carlo Battistini, Simona Benedetti, Christian Castorri, Francesca Lucchi, Maura Miserocchi, Orazio Moretti, Lorenzo Zammarchi e, negli anni precedenti, anche di Daniele Gualdi, Matteo Marchi, Ivan Piraccini, Elena Baredi, Lia Montalti, Tommaso Dionigi, nell’ambito di un rapporto personale forte e di una coesione collettiva, “di squadra”, fortissima, che ha coinvolto anche tutta la struttura comunale, coordinata con grande professionalità e non minore volontà di partecipazione diretta, da Manuela Mei.
Lo abbiamo fatto con il nostro stile, che potrà non essere piaciuto ad alcuni ma che immagino possa essere comunque definito come “sobrio”. Sobrio non perché costruito su quella “sobrietà d’accatto” che va tanto di moda – quella che potrebbe portare a ricordare che siamo sempre stati in fondo alla classifica nazionale per le spese di rappresentanza o che, unico tra i grandi Comuni, da 5 anni ci muoviamo senza alcun autista a disposizione -, ma perché perseguito ogni giorno negli atteggiamenti personali verso i cesenati, nella trasparenza dei percorsi di decisione, nell’attenzione costante a non sprecare nessuna risorsa economica ed umana messa a disposizione della nostra comunità.
Assieme, ci siamo mossi ogni giorno con una volontà certa, quella di metterci a disposizione dei cesenati, “con un piede nel passato e lo sguardo diritto e aperto nel futuro”, come sintetizzava al meglio Pierangelo Bertoli.
Personalmente ritengo che non si possa essere Amministratori pubblici al servizio di una comunità, che in un modo: rispondendo di ogni proprio atto sia nella quotidianità misurata sullo sguardo di tutti i cittadini, che valutando le conseguenze future di ciò che si sceglie.
Portando cioè per 24 ore al giorno all’occhiello della giacca, la spilla del Comune, della Regione o quella della Repubblica; mai quella di un Partito, come oggi vedo con stupore essere diventato di moda per troppi Ministri.
Mai “da soli”, quindi, ma sempre “assieme”; non “contro” ma “con” una città come la nostra, che ambisce costantemente a cambiare in meglio e, che anche in questi anni di paure diffuse, ha mantenuto la consapevolezza di essere ancora forte perché, da sempre, sa crescere senza però lasciare indietro nessuno; non pensando di essere collocati in una torre eburnea, ma rammentando di essere parte di un territorio complesso ed unico come quello romagnolo, nel quale solo chi è più miope potrà fingere di non notare l’accresciuto peso strategico di Cesena, del suo sistema d’impresa, dei servizi sanitari e pubblici.
Avevo anticipato un saluto breve e manterrò l’impegno. A chi mi chiede e chiederà, come spesso sta capitando, di identificare il meglio ed il peggio di questi anni, non darò mai risposte stereotipate.
So bene, però, come il peggio sia sintetizzato, come sempre, negli sguardi delle persone. In particolare di quelle di fronte alle quali sono stato spesso costretto ad allargare le braccia, quando chiedevano di poter lavorare e per le quali non ho avuto risposte pronte, utili a ridare loro la dignità che solo il lavoro garantisce.
Chi farà il Sindaco si prepari: in questi momenti ci si sente impotenti, deboli, inutili. Ed é terribile.
Se dovessi individuare, invece, tre cose che mi rendono sereno (perché questa è la domanda giusta, forse), citerei:
– la realizzazione per il 96,24% del Piano di mandato 2014/2019 (con dati simili per quello del quinquennio precedente);
– l’essere stati individuati, nell’ambito dell’ICty Rate 2018, come la prima città italiana per utilizzo delle piattaforme digitali, all’avanguardia nella diffusione degli Open data e nei servizi municipali on line;
– il Piano delle Opere pubbliche già progettate e finanziate per la nostra città nei prossimi anni, che porta a 21 progetti di valenza cittadina ed a 106 progetti partecipati, relativi prevalentemente alle frazioni, tutti cantierabili entro il 2021 (dal nuovo Ospedale, alla nuova Caserma dei Carabinieri ed al nuovo Commissariato, dalle nuove scuole di Martorano, S.Egidio, S.Vittore, allo Studentato ed alla nuova Facoltà di Psicologia del Campus universitario, sino a quelli di “Carta Bianca” relativi al 2017 ed al 2018), per un valore di 219 milioni di euro, 190 dei quali giungeranno a Cesena, per i cesenati, da finanziamenti europei, nazionali, regionali, privati.
Il primo dato, quello della realizzazione del Piano di mandato, rappresenta la carta d’identità di ogni amministratore poiché collega, senza possibili mistificazioni, una storia fatta prima di promesse e poi di realizzazioni.
Il secondo, quello relativo alla modernizzazione della macchina comunale, è già lo specchio di ciò che saremo: nel nostro caso, una comunità nella quale le opportunità per tutti saranno garantite anche da nuove tecnologie e piattaforme digitali. In sintesi, l’innovazione tecnologica “amica”, perché messa al servizio dei cittadini.
Il terzo, invece, non va letto come un semplice elenco di opere pubbliche che cambieranno il volto di Cesena. È infatti una lista non fine a sè stessa, poiché per arrivare a comporla – valutando prima le scelte strategiche, per poi garantire progettazione condivisa e finanziamento, che in oltre l’80% dei casi non graverà sui cesenati, derivando da fondi messici a disposizione da altri – ci siamo ispirati ad una volontà comune; una visione collettiva di ciò che potremo essere.
Leggetela quella lista e permettetemi di commentarla, utilizzando un’immagine cinematografica, che qualcuno forse giudicherà un po’ forzata: ma che cos’è la passione politica senza un po’ di ironia?
Leggetela, quindi, ed immaginate di salire sulla DeLorean di Marty McFly, in “Ritorno al futuro”, perché così potrete pensare già a come sarà Cesena fra alcuni anni: migliore, con servizi più accurati e meglio strutturati, con un centro più bello e con frazioni ancor più dotate di una propria identità.
E se Angelica, la bimba nata il 10 giugno 2009, il giorno in cui sono diventato Sindaco, oggi ha quasi 10 anni e vive in una città molto cambiata rispetto a come la conoscevano i suoi genitori, il Sindaco e gli amministratori che la accompagneranno ai suoi 20 anni, per lei e per gli altri bimbi dovranno mantenere salda la consapevolezza dei propri limiti.
Perché di fronte non si troveranno mai numeri, elenchi e progetti aridi, ma sempre e solo bambine, bambini, ragazze, ragazzi, donne, uomini in carne ed ossa, che vanno rispettati, anche contribuendo ogni giorno a costruire una Cesena all’altezza dei loro sogni e non solo delle loro paure.
E non dovranno mai dimenticare che forse la sintesi di tutto si trova in una frase del drammaturgo e poeta Bertold Brecht: ”Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore”, che spiega meglio di altre la complessità dell’impegno di ogni amministratore pubblico.
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