Arto Lindsay interpreta Dante attraverso Carmelo Bene

RAVENNA FESTIVAL 2021. PROVE ARTO LINDSAY VOCE E VORTICE

RAVENNA. Mercoledì 23 giugno, alle 21.30 alla Rocca Brancaleone, il musicista statunitense e un manipolo di audaci.

Abbiamo ancora bisogno di ascoltare la voce di Dante: ne è convinto, Arto Lindsay, a quarant’anni da quella folgorazione ai piedi della Torre degli Asinelli, il 31 luglio 1981; quando, dalla sua sommità, Carmelo Bene declamava Dante per una città ferita, un anno dopo quelle maledette 10:25 alla Stazione di Bologna. Mercoledì 23 giugno, alle 21.30 alla Rocca Brancaleone, la dedica di Ravenna Festival al Poeta si arricchisce della prima di Voce e vortice, con cui Lindsay – agitatore di culture e scompigliatore di linguaggi che non ha mai smesso di assemblare ritmi e melodie lungo rotte inesplorate e sorprendenti – infonde nuova elettricità a un pezzo della nostra Storia di cui è stato testimone, per “suonare ancora quella Lectura Dantis, spremerla, esaltarla, farle dire tutto, ascoltarla e parlare con lei. Voglio aggiungere il nostro momento al suo momento, il nostro suono al suo suono, la nostra musica alla sua musica”. Al suo fianco per questa speciale rilettura una piccola e audace compagnia di musicisti-rumoristi: i droni sonori di Melvin Gibbs, anche direttore musicale, il canto carnatico di Roopa Mahadevan, la voce radicata e radicale della salentina Rachele Andrioli, il violoncello maestosamente umano di Redi Hasa. Per addentrarsi nel paesaggio sonoro della Commedia, là dove si riflette il dolore di ieri, il dolore di oggi. L’appuntamento è possibile grazie al sostegno di Reclam Edizioni e Comunicazione.

“C’ero anch’io tra il pubblico accalcato sotto le torri di Bologna – ricorda Arto Lindsay – e compresi che Carmelo Bene aveva scelto Dante per interrogare e riaffermare le ragioni dell’umano di fronte all’orrore indicibile del terrorismo. All’epoca non avevo familiarità con l’italiano del XIII secolo e nemmeno troppo con quello del XX. Fu il suono ad impossessarsi di me, ad attraversarmi. Sentivo, respiravo, afferravo qualche parola. Era musica. È un ricordo fortissimo che mi sono portato dietro per quarant’anni”. Da questa memoria indelebile nasce un esperimento che lega il settimo centenario della morte di Dante al quarantennale della Lectura Dantis dell’attore salentino, un doppio tributo il cui tour non poteva che partire da Ravenna e dal suo Festival. “Inevitabilmente – continua Lindsay – affronteremo la Commedia dalla prospettiva presente, in quest’anno in cui portiamo tutti il peso di un’altra peste. I grandi capolavori possono sempre aiutarci a interpretare il tempo che viviamo; a volte è difficile vedere oltre la superficie degli eventi, ma l’arte aiuta a leggere tra le righe di ciò che accade, a volte anticipa ciò che sarà perché è visionaria, aperta alle possibilità”.

Questo “studio musicale” su brani registrati della Lectura Dantis del 1981 filtrerà e rielaborerà la voce inconfondibile e istrionica di Carmelo Bene, alternando frammenti a momenti musicali, a volte utilizzandoli come punto di partenza, altre ancora lasciando che la musica diventi il sottofondo delle parole; il tutto su una scena svuotata, fatta di sola luce e al centro di un allestimento audio a spirale come un vertiginoso girone dantesco. A fare da guida sarà la personalità di Bene, da cui Lindsay è profondamente affascinato – per la sua capacità provocatoria, gli eccessi, l’attenzione per i dettagli e l’esagerato pathos, che il musicista statunitense paragona a quello di Bob Dylan e a quello degli artisti dei film muti. E per riproporre quella lettura che Bene dedicò “non ai morti ma ai feriti dell’orrenda strage”, occorre il coraggio di Arto Lindsay, uno che ha superato il punk da sinistra, coniando una grammatica rigorosamente analfabeta della chitarra, utilizzata poi per creare confusione tra le suadenti maglie del samba brasiliano.

Nato in Virginia nel 1953 e cresciuto fra gli Stati Uniti e il Brasile nel periodo di massimo splendore del tropicalismo, Arthur Morgan “Arto” Lindsay è diventato una figura di spicco dell’avanguardia americana, una delle menti più vivaci della New York underground fine anni Settanta; Brian Eno lo nota quando milita nel trio DNA, lo stesso con cui Lindsay si trova in Italia nel 1981. Con DNA conquista il proprio posto nell’empireo del corrosivo no wave, ma – armato della sua Danelectro a 12 corde che suona e strapazza in un modo tutto suo – Lindsay ha fatto parte anche dei Lounge Lizards di John Lurie, nei Golden Palominos con John Zorn e Bill Laswell, ha collaborato con Caetano Veloso, David Byrne, Ryūichi Sakamoto, Laurie Anderson, Tom Waits, Matthew Barney. Da solista ha pubblicato otto dischi e dai primi anni Duemila realizza anche performance, installazioni musicali, sonorizzazioni ambientali.

Melvin Gibbs è bassista, compositore e produttore; in quarant’anni di carriera ha contribuito con il suo eclettico talento ai lavori dei maggiori artisti nei generi più diversi, apparendo in quasi duecento dischi. La newyorkese di origine indiana Roopa Mahadevan è una delle maggiori interpreti del canto carnatico, la millenaria tradizione vocale dell’India meridionale, ma al tempo stesso un’artista crossover. La voce di Rachele Andrioli parte dalla tradizione salentina per aprirsi al mondo, dalla canzone d’autore al jazz, al soul latino, alla musica indiana. Dai Balcani alla terra della Taranta, Robert Plant e Ludovico Einaudi, il violoncellista Redi Hasa è un maestro e mago dello stile cantabile.

Info: 0544 249244 – www.ravennafestival.org  

Biglietti: posto unico numerato 20 Euro, under 18 5 Euro

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