Una manovra economica che non guarda al futuro

Senza crescita il Paese non ha futuro

CESENA. Come era previsto e prevedibile, la montagna ha partorito un topolino. La manovra economica del governo Meloni è un pannicello caldo: circa 25 miliardi, buona parte in deficit e con una previsione di un ulteriore sforamento di almeno cinque miliardi, perché è stata prevista una crescita (1,2) che per tutti gli analisti è troppo alta, si prevede uno 0,8. Se consideriamo che un punto di pil sono 15 miliardi, i calcoli sono facili. 

Ma il problema  grosso non è questo, bensì la totale assenza di una visione di prospettiva e l’ipoteca sugli anni a venire. Sia l’intervento sul cuneo fiscale che quello sull’irpef valgono solo per il 2024. Siccome stiamo parlando di una cifra che si aggira attorno ai diciotto miliardi di euro è facile immaginare che la manovra 2025 sia già indirizzata, perché è difficile immaginare una retromarcia su quei provvedimenti. Invece non sarebbe così se ci fosse una crescita in grado di garantire i soldi necessari per supportare una politica di redistribuzione.

E qui casca l’asino: la totale assenza di una politica di sviluppo. Il governo è in carica da circa un anno e, al di là degli annunci, ha fatto poco o nulla per favorire la crescita. In un primo momento Giorgia Meloni & C si cullavano sugli allori di una crescita superiore a quella della media europea, risultato che era che l’onda lunga degli effetti del governo Draghi e di  un’economia “drogata” dal bonus del 110 per cento. 

Per il resto non è stato fatto niente per stimolare un’economia che ben presto ha cominciato a boccheggiare, come dimostrano le rilevazioni Istat. Il tutto porta, secondo gli analisti più credibili, ad una crescita, per il 2024, dello 0,8 per cento. Ma, anche se fosse attorno all’uno, sarebbe troppo bassa per garantire quella spinta che serve al paese per garantire quella svolta del quale il Paese ha una profonda necessità per invertire una deriva sempre più preoccupante. Perché, come si dice nella Romagna Toscana, senza lilleri non si lallera. E i lilleri li possono garantire solo la crescita economica. Noi, invece, appesantiamo sempre più il debito pubblico senza incrementare il pil. Una strategia che, se applicata a qualsiasi azienda, non solo non troverebbe nessun investitore, ma porterebbe alla chiusura. 

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.