Non è solo un problema di soldi

La manovra di bilancio non è espansiva, ma ci si potrebbe salvare in corner

Un giudizio più approfondito lo si potrà dare solo dopo che si conosceranno i dettagli. Ma l’impressione è che la manovra economica che sta approntando il governo non sarà di svolta come qualcuno si attendeva o sperava. Del resto i margini di movimento erano molto stretti dovendo trovare 23 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva. Tutto, del resto, può essere sintetizzato col titolo del Corriere della Sera all’intervento odierno di Francesco Daveri: buone intenzioni in manovra (ma la svolta è rinviata).


Difficile quindi, anche per un ottimista come me, vedere il bicchiere mezzo pieno. Però dei segnali positivi ci sono. Uno su tutti la direzione intrapresa per il taglio delle tasse: non più flat fax, ma riduzione del cuneo fiscale. Personalmente è una direzione che prediligo in quanto può aiutare lavoratori dipendenti e i redditi bassi, soprattutto se ci sarà una soglia.

Lo sbarramento è necessario innanzitutto perché essendoci risorse limitate (tre miliardi) è necessario ridurre la platea dei beneficiari. Però i 35 mila euro di cui si parla (la cifra è lorda) mi sembrano un po’ bassi. L’operazione (a regime) potrà essere funzionale se darà risorse anche a quel ceto medio che in passato era stata la vera forza del Paese.

Invece non ci sono segnali su due voci importanti: scuola e politiche giovanili. Sono partite  fondamentali per il futuro di paese. Naturalmente sono capitoli di spesa, ma vanno trattati come un investimento. Potenziare la scuola significa dare più conoscenza ai nostri giovani che però devono essere messi nelle condizioni di restare in Italia.

Comunque, nonostante una manovra che non è particolarmente espansiva, ci sarebbero  margini per aiutare la crescita economica. Serve sbloccare quelle opere pubbliche già finanziate ormai da due anni. Stiamo parlando di oltre cinquanta miliardi di euro. Una strada ribadita anche ieri su diversi quotidiani da Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. Qui non servono soldi, ma volontà politica.

Inoltre c’è una riforma fondamentale ed oltretutto a costo zero: tagliare la burocrazia. Per realizzare le opere pubbliche servono tempi biblici. Lentezze che non possono più essere accettate. E non è solo un problema di codice degli appalti, anche se quella è la madre di tutte le lentezze. Il guaio è che tutti ne parlano e nessuno fa niente.

Inoltre perché l’Italia torni a crescere deve arrivare anche qualche buona notizia dall’ Europa. A cominciare da una semplificazione delle regole fiscali e dei vincoli algebrici del patto di Stabilità che lasci da parte entità metafisiche come il deficit strutturale e guardi invece ai livelli effettivi di deficit e debito dei paesi, depurati dagli investimenti green. Ma nel frattempo, a casa nostra, serve anche un nuovo giro di revisione della spesa pubblica.

Questo post è stato letto 163 volte

Commenti Facebook
Avatar photo

Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.