LA NONNA RACCONTA: UN’INFANZIA ALLA “ROCCA DI VALDINOCE”

Se c’è qualcosa che mi ha sempre affascinato, quello è l’incanto delle storie. E se è la nonna a narrare, ecco che gli occhi si spalancano di meraviglia e i pensieri veleggiano di pari passo con le parole.
Questa volta vorrei raccontare un paio di episodi che mi hanno davvero colpito, ai quali fa da paesaggio la nostra Romagna, e che –in qualche modo- mi vedono coinvolta in prima persona o quasi: quasi, dato che sono le storie della mia famiglia, gli aneddoti che si tramandavano i nonni e i genitori dei miei nonni, e forse ancora altri prima di loro.
“Nonna, raccontami una bella storia, ti prego!” chiedo a volte, pronta ad ascoltare qualcosa di folkloristico e talvolta parecchio surreale. L’altro giorno mi sono appuntata le vicende più interessanti e…magiche.
“Quando ero bambina vivevo nella Rocca di Valdinoce, sulle colline sopra Meldola. I vecchi ci dicevano che una volta la mia casa era un convento, chissà come ha fatto a diventare nostra. Si vedeva bene che i locali erano quelli di una struttura religiosa!”
“Quanto doveva essere bello vivere in un castello! Era molto grande suppongo”
“In verità, io e la mia famiglia avevamo a disposizione solo uno spazio molto ristretto, poco più di un piccolo appartamento: la maggior parte della Rocca apparteneva ai fratelli di mio padre per un errore di testamento. Quando poi egli morì, gli zii lasciarono a mia madre solo le stanze più piccole. Erano anche gli anni della guerra, per cui diciamo che le nostre vite non erano affatto facili”
Quando mia nonna parla della sua difficile infanzia comprendo tutta la durezza e l’ostilità di quei tempi; le zone di Meldola e Teodorano furono soggette a bombardamenti e più volte i soldati tedeschi fecero irruzione in casa. La vita della modesta borghesia contadina era seriamente compromessa dalla guerra e dalle crisi.
“Sarebbe piaciuto anche a me entrare nella Rocca, nonna!”
“Un giorno, molto tempo fa, doveva essere veramente bella” sorride lei, gli occhi nostalgici “Ti stupirò adesso: uno zio di mia madre raccontava di una festa da ballo che si era organizzata nella grande sala da pranzo. Si dice che una delle invitate, una meravigliosa ragazza di vent’anni, danzò e danzò per tutta la notte, e non si fermò neppure all’alba, continuò a volteggiare col suo cavaliere finché non morì. Eh già, la povera fanciulla ebbe un mancamento e cadde a terra, esanime. Lo zio diceva anche che durante le sere di pioggia ritorna il suo fantasma nella sala da pranzo, ma io a questo non credo”
In effetti anche io sono scettica, eppure trovo queste leggende molto affascinanti; sapere che la storia della mia famiglia “vanta” questi episodi quasi fantasy, mi rende orgogliosa. Ma c’è di più. Ora, non so se il fatto di abitare in quella casa rendesse tutti un po’ strani, ma un’altra vicenda di cui ogni tanto mi parla mia nonna è ancor più inverosimile.
“Se la storia della ragazza fantasma ti ha lasciato senza parole, ascolta bene questa: appena fuori dalla Rocca, avevamo una piccola costruzione, simile a una cantina. C’erano tante scale, tantissimi gradini, forse mille o anche di più, e io e miei fratelli ci chiedevamo dove potevano condurre; andavamo spesso a giocare lì attorno, senza sapere quello che accadde anni prima”
“Avanti, nonna!”
“Il nonno di mio nonno discese tutte quelle scale. Quando arrivò al termine non poteva credere ai propri occhi: aveva raggiunto una piccola stanza nella quale giaceva un forziere con un tesoro custodito da un serpente!” la nonna racconta come se fosse una storia vera.
“Ma non è possibile! Io non ci credo” commento.
“E invece sbagli, i nostri vecchi conoscevano bene quel posto. Sapevano ogni cosa, è la verità!”
E va bene, penso, e fingo di essermi fatta convincere; sorrido e rimugino a proposito di quei racconti, di quelle credenze popolari che vedevo tanto lontane e invece…
Quando poche volte all’anno accompagno mia nonna a Valdinoce, suo paese natale, mi faccio portare a vedere la Rocca. Purtroppo l’ho sempre guardata solo da fuori, vuoi perché è stata acquistata da un privato, vuoi perché l’edificio sembra pericolante, ma confesso che mi piacerebbe tanto entrare a vedere il salone e cercare la cantina nascosta. Se c’è qualcosa che mi ha sempre affascinato, quello è l’incanto delle storie.
valdinoce

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Francesca Ture

Mi chiamo Francesca Maria Ture, ho diciannove e sono di Forlì. Frequento il quinto anno al Liceo Scientifico della mia città; non ho molto altro da dire visto che di esperienze lavorative o formative non ne ho, dato che studio ancora a scuola. Spero bastino queste poche righe! 

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