Studio sugli effetti della rivoluzione digitale
CESENA. “Impreparati alla rivoluzione del digitale” a rischio un milione e mezzo di lavoratori. A lanciare l’allarme è uno studio di Centro Einaudi e Intesa San Paolo che aggiungono: per l’ occupazione è la fine di un’epoca, non basta la ripresa. A soffrire di più i giovani. A raccogliere il messaggio è il quotidiano La Stampa che oggi ha sintetizzato la situazione in un pezzo firmato da Fabrizio Goria. Il documento premette che c’è il rischio che l’autunno produca un picco di disoccupazione, doccia fredda che potrebbe rallentare la ripartenza economica.
Viene poi sottolineato che “è difficile pensare che tutti gli addetti che si sono fermati tornino al loro posto. I lavoratori dipendenti in cassa integrazione nell’ultimo trimestre del 2020 corrispondono a 1,5 milioni equivalenti a tempo pieno”. Si ritiene che la nuova normalità, cui si arriverà progressivamente, non potrà garantire una riallocazione nel mercato occupazionale in modo simultaneo. Più facile che il rientro avvenga nel tempo di realizzazione del Recovery Plan. Ma con un presupposto: da un lato la digitalizzazione e dall’altro le nuove competenze richieste dal mondo post-Covid rischiano di escludere dal mercato del lavoro milioni di italiani.
Per questa ragione, avvertono Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo, “gli 1,5 milioni di occupati rappresentano il numero minimo delle persone da considerare a rischio non solo di non tornare all’occupazione precedente, ma di trovarsi costrette a cercare un’occupazione diversa, essendo completamente o parzialmente prive delle competenze necessarie per farlo”. Un allarme che non è una novità. Da tempo si parla dei rischi provocati dalla robotizzazione e l’emergenza pandemia potrebbe aver peggiorato la situazione. A patire di più potrebbero essere le giovani generazioni.
Il problema è sempre la formazione che deve diventare continua. Passaggio che avrebbe dovuto affiancare le azioni per contenere la disoccupazione. In conclusione c’è una proposta: nei prossimi mesi, occorre concentrare i sussidi in quei settori la cui attività rimane limitata. Allo stesso tempo, con la progressiva rimozione del blocco dei licenziamenti, diviene particolarmente importante sostenere i lavoratori che corrono il rischio di perdere il posto e stimolare la creazione di impieghi nei settori ripartiti con maggior slancio.
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