Creare un comitato romagnolo che si occupi della valorizzazione della piadina romagnola, ne faccia l’ambasciatrice della Romagna e cerchi di frar rientrare le divisioni, quelle fra chioschi e industria. Quest’ultimo sarebbe forse il compito più diffcile, ma resta un passaggio obbligato se si vuole sfruttare nel modo migliore i vantaggi che possono arrivare dall’Igp assegnato al tradizionale pane romagnolo.
Immagino già le reazioni stizzite, a dir poco, dei miei amici Giampiero Giordani e Graziano Pozzetto. Io, come loro, sono un amante della piadina dei chioschi e concordo sul fatto che quello è il prodotto originale. Però arriva il momento che bisogna fare di necessità virtù e sotterrare l’ascia di guerra. Anche perché credo che dalla valorizzazione del marchio piadina ne possano trarre vantaggio soprattutto i chioschi. Se il prodotto piadina sarà promozionato e veicolato in Italia e all’estero (e potrà farlo solo l’industria) aumenteranno le persone che, quando verranno in Romagna, andranno a cercarla nei chioschi. Nello stesso tempo però sarà indispensabile che l’industria proponga un prodotto valido. E qui entrerebbe in campo il comitato del quale parlavo all’inizio che darebbe il bollino (una sorta di marchio di qualità) solo a prodotti qualitativamente validi. Anche perché, va sottolineato, non tutti i prodotti industriali sono sullo stesso livello.
Ma il vero compito del nascituro comitato dovrebbe essere quello di promuovere la piadina e di farne l’ambasciatrice della Romagna. Sotto questo aspetto non siamo all’anno zero. Da tantissimo tempo a Cesena c’è l’associazione per la valorizzazione della piadina che si muove non solo ambito locale, ma anche nazionale e intrernazionale. Ma è una piccola struttura e che, purtroppo, ha mezzi limitati. E si dovrebbe partire proprio da quello che tanto di buono fatto in questi anni. Però serviranno più fondi per dare al progetto gambe per correre. Quindi bisognerà studiare un programma. Un’idea potrebbe essere quella di organizzare eventi, in giro per l’Italia e il mondo, con cadenza mensile proponendo abbinamenti con prodotti stagionali sia della Romagna che dell’Emilia. Perché sia chiaro: la piada si abbina bene, tanto per fare un esempio, con i salumi di mora romagnola, ma anche con la coppa di Piacenza, la mortadella di Bologna o il culatello di zibello. Sarebbe bello anche fare un tour nazionale che propone una “sfida” fra piadina romagnola, gnocco fritto e tigella e relativi abbinamenti.
Sarebbe una gastrolibidine che in qualsiasi piazza d’Italia attirerebbe l’interesse di tantissime persone e sarebbe uno spot increbile per la nostra regione e la sua enogastronomia.
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