Elemento di punto del nuovo progetto di legge regionale. Su riqualificazione e rigenerazione punterà anche Cesena dove, fra l'altro, di aree disponibili ce ne sono anche troppe. Ora tutto si giocherà su un nuovo fronte: gli indici edificatori
Stop all’espansione urbanistica, in nome della rigenerazione urbana e della riqualificazione degli edifici. Adeguamento sismico degli immobili, sostegno alle imprese, solo se funzionale a sviluppo e occupazione, e tutela del territorio agricolo. Sono i punti cardine del nuovo progetto di legge sull’urbanistica– il cui obiettivo è il consumo di suolo a saldo zero Emilia-Romagna– che ha ottenuto il via libera della Giunta regionale.
Scopo del provvedimento è fermare l’espansione delle città in nome della rigenerazione urbana e della riqualificazione degli edifici, associato all’adeguamento sismico degli immobili, al sostegno alle imprese, anche attraverso la semplificazione delle procedure, in caso di investimenti tesi alla crescita e allo sviluppo, e la tutela del territorio agricolo.
L’intento è anticipare l’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero fissato per il 2050 dal settimo Programma di azione ambientale dell’Unione europea. Si prevede che il nuovo consumo di suolo dovrà essere contenuto entro il 3% del territorio urbanizzato (e non più pari all’11%, come previsto dagli attuali strumenti urbanistici) e sarà consentito solo per i progetti capaci di sostenere lo sviluppo e l’attrattività del territorio.
Le opere pubbliche, gli insediamenti strategici di rilievo regionale e gli ampliamenti delle attività produttive esistenti non concorreranno, quindi, al raggiungimento del limite del 3% (in quanto interventi diretti a sostenere l’attrattività regionale e la sostenibilità e vivibilità dei territori) e saranno possibili sempre che non vi siano “ragionevoli alternative” in termini di riuso e di rigenerazione dell’esistente. Saranno esclusi dal limite, inoltre, i nuovi insediamenti residenziali collegati ad interventi di rigenerazione urbana in territori già urbanizzati o di edilizia sociale. Prevista anche una disciplina ad hoc per tutelare e valorizzare il territorio rurale e l’agricoltura.
La legge prevede poi forti incentivi alla rigenerazione e interventi di adeguamento sismico ed efficientamento energetico. Tra le novità relative agli interventi di adeguamento sismico, vi è una norma sull’interesse pubblico di tali progetti che prevede la possibilità per il 50% dei proprietari di un edificio di imporne la realizzazione alla restante quota di proprietari qualora siano contrari.
È facile immaginare che il provvedimento sarà molto simile al Piano Strutturale che partorirà la giunta di Cesena. In alcuni casi potrebbe trattarsi di una sorta di copia/incolla. Del resto la filosofia di Cesena è arcinota. Consumo zero del territorio e rigenerazione urbana è sempre stata la filosofia di Orazio Moretti, assessore all’Urbanistica. Poi è arrivata la grande crisi che ha pesato in particolare sull’edilizia. Quindi di liberare aree edificabili non se ne sente assolutamente il bisogno.
Quando si parla di Prg è però necessario suddividerlo in due “sezioni”: abitativo e produttivo, entrambi comunque dilaniati dalla crisi.
L’abitativo continua ad avere enormi problemi. Non solo c’è tantissimo invenduto. Ci sono anche tanti immobili in pancia alle banche che, a loro volta, faticano a piazzarli. In questa situazione va da sé che è difficile immaginare che si sia bisogno di nuove aree. Prima di pensare di sbloccare delle nuove dovrebbero essere consumate quelle sbloccate dal precedente piano regolatore. Che erano tante. Tutto nasce dalla scelta fatta da Giorgio Andreucci, assessore e padre del Prg ancora in vigore. Per dare spazio al libero mercato aveva previsto tante aree edificabili. Potevano rispondere alla necessità di una città di circa 150 mila abitanti.
Ed iniziò il mercato delle aree. Molte finirono nelle mani di immobiliaristi che avevano intenzione di ricavarne degli utili attraverso la compravendita. Molti, fra l’altro, erano semplici investitori provenienti da altri settori. Tutto è andato bene fin quando non è arrivata la crisi che ha rovesciato la situazione: la proprietà delle aree edificabili non è stata più una ricchezza, ma una tassa.
Comunque dopo sette o otto anni del piano era stato realizzato solo il dieci per cento del previsto. Poi è arrivata la crisi che ha bloccato tutto. E da allora non è che sia stato fatto molto. Le aree continuano ad essere ferme e di progetti in Comune non ne arrivano. Quindi di terreni a disposizione c’è ne sono a bizzeffe. Sono più che eccedenti anche in considerazione del fatto che adesso il mercato dell’abitativo si concentra quasi esclusivamente sulla ristrutturazione dell’esistente. È, in questo comparto, ci sarebbe tanto da fare. A partire da due zone: il campino di San Rocco e la Fiorita. Non a caso gli esperti del settore ritengono che il mercato potrebbe restare bloccato per i prossimi dieci anni.
Quindi il nuovo piano più che sulle aree si giocherà sugli indici di edificabilità. Va da sé che una casa ad uno o, massimo, due piani non potrà diventare un albero di trenta piani. Ma un premio alla riqualificazione è scontato. Non a caso lo prevede anche la legge regionale.
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