Il film documentario della regista Gaia Ceriana Franchetti omaggia la Romagna e i romagnoli in un racconto a mosaico
La proiezione nell’ambito delle iniziative per il 73° anniversario della Liberazione
“In Romagna ognuno racconta una storia. Così anche io racconto la mia”. E’ un itinerario dell’anima tra luoghi e persone, ricordi e presente quello di E’ pèn dé mond – Il pane del mondo, il film documentario di Gaia Ceriana Franchetti che verrà presentato in anteprima domani 24 aprile a Cesenatico (alle 20 al Museo della Marineria), nell’ambito delle iniziative per il 73° anniversario della Liberazione d’Italia.
Da Rimini a Ravenna, passando per Montebello, Savignano, San Mauro Pascoli, Forlì, Casola Valsenio, Bellaria, Cesenatico, l’entroterra e il mare, la regista romana discendente per linea materna dai Guidi di Bagno ripercorre la propria storia familiare in Romagna, intrecciata con quella dell’Italia del ‘900. Nel suo viaggio incontra e dà voce ai romagnoli e alle loro storie, come lei stessa spiega. “Ho sempre voluto fare un film mosaico a partire da Ravenna e da Galla Placidia per finire a Raffaella Carrà. Ho scelto la Romagna, perché mi è sempre sembrata il cuore dell’Italia e perché la conosco bene. Una Romagna un po’ al femminile, con figure forti come anche mia nonna e mia madre, un matriarcato romagnolo”.
Lo spunto del documentario è per Gaia Ceriana Franchetti il ritornare in Romagna per un antico manoscritto di famiglia della “Divina commedia” da far esaminare. “Lo zio feudale, Alba l’amica d’infanzia, il partigiano, la storica, lo scrittore, il giovane sikh, l’insegnante, il cantante, l’imprenditore… ognuno racconta la sua storia, così anch’io racconto la mia. Tutti i romagnoli coinvolti mi hanno sostenuto con entusiasmo ed affetto. A loro va tutta la mia gratitudine”.
Ne nasce un documentario corale sulla Romagna e i suoi tratti distintivi, da Pascoli al liscio, dal passaggio della Linea Gotica e la Resistenza alla grinta imprenditoriale. Fra le testimonianze, anche quella dello scrittore Cristiano Cavina, dell’artista Luigi Ontani, del partigiano Valter “Tabac” Vallicelli.
La regista ha girato per circa tre anni, uscendo in stagioni e luoghi diversi. “Ho raccolto talmente tanto materiale che poi il montaggio è stato lungo e arduo, e molte situazioni e persone meravigliose non sono entrate nel film. Due ragazzi sono stati con me operatori alla camera: uno afgano, Ali Hasani, arrivato anni fa a piedi in Italia, ed uno russo, figlio di un famoso ballerino alla Scala. Due montatori, Simone Pallicca e Evi Denittis, assieme al collega documentarista Tommaso d’Elia, che ha diretto l’edizione, mi hanno aiutato a rinunciare a tante situazioni che non volevo abbandonare, per ridurre e per comporre questo a film mosaico”.
Gaia Ceriana Franchetti è nata a Buonconvento (Siena). Laureata in Filosofia all’università “La Sapienza” di Roma, negli anni Settanta lavora nel cinema e nella pubblicità come assistente casting director e assistente alla regia in produzioni americane a Roma. Dal 1975 inizia a realizzare documentari come regista indipendente, distribuiti da Rai Uno, Rai Due, Aljazeera Asia, Cinematica di Algeri e NDTV India.
Dal 1985 al 1993 è presidente dell’Associazione Italia-India. Nel 1995 crea Indoroman, per la raccolta e l’utilizzo delle stoffe ancora prodotte con telaio manuale tra il Mediterraneo e l’India, un’eredità tessile da difendere e diffondere.
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