Non siamo pronti per il dopo Draghi

A destra e a sinistra non ci sono le competenze e il carisma necessari

CESENA. L’Italia non è pronta per il dopo Draghi. E’ la sintesi, se vogliamo spietata, dell’analisi fatta da Roberto Arditti su Huffingtonpost e Formiche. Significativo anche il sommario di Formiche: a destra come a sinistra c’è molto, moltissimo da fare per arrivareArditti ha ragione quando scrive che la situazione attuale è del tutto anomala, poiché ci troviamo con un premier nemmeno lontanamente indicato dagli elettori ma di formidabile autorevolezza e di innegabile capacità operativa, sostenuto da una maggioranza del tutto anomala e capace di contenere (momentaneamente) soggetti politici per loro natura incompatibili, il tutto in presenza della coda di una pandemia mondiale che non solo ha sconvolto lo scenario internazionale, ma che ha anche condotto l’Unione europea al varo di un gigantesco piano di sostegno agli Stati impensabile fino al 2019. Del resto è sotto gli occhi di tutti che Draghi è la miglior risposta che l’Italia poteva dare per reagire in modo eccezionale ad una situazione eccezionale. Il problema però è cosa succederà dopo le prossime elezioni.

Dichiarazione del Prof Mario Draghi al termine del colloqui con il Presidente Sergio Mattarella,al Quirinale (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

 

In Italia non c’è nessuno in grado di prendere il posto di Draghi. Sia per autorevolezza che per capacità. E non è un problema piccolo. Se fosse un periodo “normale” e, soprattutto, tranquillo si potrebbe pensare ad una transizione. Ma al momento è difficile ipotizzare che qualcun’altro possa sedere nello scranno più alto di palazzo Chigi. Naturalmente potrebbe succedere, per fortuna siamo in democrazia. Ma se dovesse avvenire i rischi sarebbero alti. Come reagirebbero l’Europa e il mondo intero? L’impressione è che ci sarebbe una reazione stizzita e il suo successore si troverebbe con un imbarcazione inadatta ad affrontare un mare forza nove.

Per un paio di motivi. Innanzitutto non ci sono persone con le competenze e il carisma di Draghi. Inoltre le coalizioni non sono un monoblocco. Sotto questo punto di vista i problemi maggiori ci sono nel centrosinistra dove lo scontro Conte/Grillo ha peggiorato le cose. Comunque, a prescindere, c’è troppa frammentazione e poca omogeneità sui contenuti. Dalla parte opposta non è che stiano molto meglio. Il problema principale è che vi sono due leader energici e giovani alla guida dei due partiti più importanti e che raccolgono, più o meno la stessa quantità di voti. Poi c’è un tema internazionale che è tutto fuorché banale: l’unico partito ad aver legami col Ppe è Forza Italia che nel centrodestra ora pesa poco. E, se qualcuno pensa che fra due anni (al massimo) potremo fare a meno di Draghi e fare marameo a chi comanda in Europa, non ha fatto bene i conti.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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