Foro Annonario, una storia infinita con tante sfaccettature. Rilancio possibile, ma investendo

Al momento pochi punti fermi. Molto lavoro per la nuova gestione

CESENA. Non è una storia infinita, ma quella del Foro Annonario ci somiglia molto. Al punto che il cambio di gestione, del quale tanto si parla in questi giorni, rispetto al passato dà l’impressione di essere poco più che acqua fresca. La storia della ristrutturazione dello stabile inizia nei primissimi anni Duemila, ma se ne parlava già da tempo. L’intervento non era uno sfizio, ma una necessità per motivi igienici. Non era più salubre, soprattutto in considerazione del fatto che lo stabile era adibito a commercio di generi alimentari. Ma anche l’estetica era deludente.

Per anni l’amministrazione comunale trattò con la Parcheggi spa, società della famiglia Trevisani. L’obiettivo iniziale era farci anche un parcheggio interrato. Ci furono pure dei carotaggi, ma tutto saltò perché non si sarebbero potuti sfruttare i fondi previsti dalla legge Tognoli per i quali, invece, non ci furono controindicazioni per l’utilizzo nel multipiano. Prima di alzare bandiera bianca la Parcheggi presentò una serie di progetti. Uno prevedeva anche la realizzazione di una palestra o qualcosa di simile. 

Uscita di scena la famiglia Trevisani, a sorpresa spuntò il gruppo creato dalla Banca di Cesena. La proposta iniziale fu avanzata quando era sindaco Giordano Conti che la accettò, poi fu la giunta Lucchi a completare la procedura. Socio forte era la Clafc, ma la crisi edilizia mandò in difficoltà la cooperativa dell’alto Savio e subentrò un’altra struttura. La società ottenne un diritto di superficie di 30 anni poi salito a cinquanta. Il progetto prevedeva il coinvolgimento degli ambulanti presenti da sempre. Dopo una lunga trattativa non si trovò l’accordo soprattutto perché era impossibile replicare contratti ormai anacronistici in tutte le sfaccettature. Ma i commercianti non furono abbandonati a se stessi. L’assenza di ambulanti e pescheria però non venne rimpiazzata in maniera adeguata e il nuovo foro perse la propria identità senza assumerne un’altra. Inevitabili quindi le difficoltà che portarono ad una prima chiusura.

Per la ripartenza i “proprietari” trovarono l’accordo con il massimo che c’era sul mercato: la società che gestisce il Verdi, quella che ha inventato la movida cesenate e che è guidata da quel Rossi che dopo pochi mesi è diventato il candidato sindaco del centrodestra. L’inizio della gestione fu positivo. Il Foro stava diventando un punto di riferimento, soprattutto grazie a scelte commerciali giuste e un restyling indovinato, a partire dall’eliminazione dell’inutile scala mobile.  Poi è arrivato il Covid e ripartire è stato più difficile, soprattutto per strutture come il Foro che ancora non erano consolidate. Adesso ci sono alcuni punti fermi: Burro e Salvia, sportello bancario, Conad e Agrintesa. C’è però il buco nei corner che erano stati creati per la proposta gastronomica. Poi serviranno iniziative per attirare le persone. Perché ormai è fuori di dubbio che in presenza di una buona offerta di proposte è fondamentale un motivo di richiamo per rilanciare una struttura che però ha la fortuna di essere al centro della zona più frequentata del centro. 

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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