Nulla sarà più come prima

Servirà la capacità anche di fare le scelte giuste

CESENA. Il Pnrr doveva aiutarci ad uscire dalla crisi provocata dal Covid ed eravamo sulla strada giusta. Poi è arrivata la guerra in Ucraina con i suoi effetti devastanti nei territori coinvolti e i problemi che ha provocato all’economia del pianeta. Come ne usciremo? Alla domanda delle cento pistole probabilmente nessuno sa dare una risposta. Spesso si usa la frase “nulla sarà più come prima”. Forse è esagerato usarla anche in questa occasione, ma l’impressione è che alla fine ci dovremo leccare molte ferite. Inoltre è altrettanto probabile che fette importanti della nostra economia dovranno rivedere le proprie strategie.

Una di queste è l’agricoltura che, per la verità, da tempo ha cambiato volto. Quella romagnola, che ha sempre scontato il problema della ridotta maglia poderale, aveva già intrapreso la strada del cambiamento.E’ sufficiente vedere i problemi che hanno fragole e pesche: due colture che per decenni sono stati gli assi portanti dei nostri produttori. Adesso serve diversificare, ma soprattutto puntando sulla qualità. Leggesi marchi.

Resta però il fatto che nel tempo sono diminuiti i terreni dedicati alle coltivazioni intensive. Sono sempre più le aree dove le piante da frutto sono state tolte senza essere sostituite. Spazi che, se va bene, utilizzati dai contoterzisti che ormai si sono messi in proprio e prendono in affitto terreni per dedicarli al seminativo, attività che può essere redditizia solo avendo a disposizione delle grandissime superfici. E tutto lascia credere che questo potrà essere uno degli elementi importanti della nostra agricoltura. Elemento che cambierà anche l’aspetto visivo delle nostre zone agricole. 

L’ipotesi non è di quelle che entusiasmano, se non altro perché è un tipo di lavorazione che richiede poca manodopera. Quindi poca occupazione. Però c’è anche un aspetto positivo: aumenterà la produzione di grano italiano. Sembra che nella penisola ci siano duecentomila ettari di terreno incolto. Se fossero utilizzati per fare del seminativo potremmo andare vicini all’autonomia. Inoltre si potrebbe anche puntare sulla qualità aumentando produzioni importanti come quelle dei grani antichi (come il Senatore Cappelli), quelli che non hanno subito modificazioni da parte dell’uomo per aumentarne la resa. Materia prima con personalità, profumi intensi e sapore ricco. E che regalano alla pasta un sapore ricco e persistente che resta nella bocca come un’eco anche dopo aver finito di masticare. Ricorda una fetta di pane cotto a legna. Ma un aumento della produzione servirebbe non solo per produrre più grano duro, ma anche più farina di qualità, molto apprezzata per la sua digeribilità e le qualità nutrizionali.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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