La fuga dei giovani è più grave di quanto si possa pensare

Italia a un bivio: o cambi o affondi

CESENA. Novara, la lotta per un posto da 700 euro al mese: “Sopravvivono solo gli amici dei kapò”. 

“Gay schifoso”, dodicenne bullizzato per lo smalto alle unghie. Picchiate le amiche che lo difendono.

Operazione anticaporalato dei carabinieri Foggia. I braccianti venivano pagati 5 euro l’ora o 4,50 euro a cassone di pomodori. 

Queste sono alcune delle notizie apparse negli ultimi giorni nei giornali italiani. Purtroppo non sono un fatto sporadico, tuttaltro. E offrono una fotografia dell’Italia che non può piacere. Ma la politica non ne parla. Toccare certi argomenti non fa audience. Adesso un tema gettonatissimo è se posticipare o no lo stato di emergenza. Onestamente non me può fregar di meno, anche in considerazione del fatto che la scadenza è fissata per il 31 luglio, quindi un’eternità. 

Quello che ci dovrebbe interessare è costruire un’Italia moderna e attrattiva. Un Paese dove i diritti sono garantiti, sia quelli dei dipendenti che degli imprenditori. Un Italia con delle forze politiche che non si preoccupino solo dei sondaggi, ma che abbiano anche una visione di prospettiva. Uno Stato che sia attrattivo anche per i nostri giovani.

Perché i giovani italiani se ne vanno all’estero. Nessuno lo dice, ma è così. Ed è una triste realtà. In dieci anni duecentocinquantamila giovani sono andati via dall’Italia. Hanno deciso di trasferirsi all’estero soprattutto per motivi di lavoro, perché in Italia ci sono “scarse opportunità occupazionali”. È la fotografia che emerge dal “Rapporto 2019 sull’economia dell’immigrazione” della fondazione Leone Moressa. Emerge che in quasi dieci anni sono cinquecentomila gli italiani che hanno scelto di lasciare il proprio Paese, di cui la metà giovani di età compresa tra i quindici e i trentaquattro anni. 

Un quinto dei giovani che hanno lasciato l’Italia negli ultimi dieci anni viene dalla Lombardia (18,3 percento). Troviamo poi Sicilia, Veneto e Lazio, con oltre 20.000 emigrati ciascuno. Il dato comprende solo i giovani emigrati all’estero e non le migrazioni da sud a nord del Belpaese. 

Va da sé che siamo di fronte a un bivio. Forse è esagerato parlare di ultima chiamata, però serve una forte inversione di tendenza. O creiamo un paese moderno, dove la burocrazia non è opprimente, ma dove ci sono obblighi certi, ma anche risposte adeguate, dove c’è una vera redistribuzione della ricchezza oppure rischiamo di consegnare lo Stivale ai furbetti, agli sfruttatori, a coloro che cercano sempre di aggirare le regole, ai violenti e ai bulli. 

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli. 

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